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Il senso della bellezza: i segreti del CERN svelati al cinema per soli due giorni

Il film di Valerio Jalongo in sala il 21 e 22 novembre. Dimenticate i thriller di Dan Brown: il laboratorio a ovest di Ginevra è un luogo di pace e creatività

21.11.2017 - Autore: Pierpaolo Festa (Nexta)
Il CERN, ovvero l'Organizzazione europea per la ricerca nucleare, può essere il posto in cui sono ambientate le prime pagine di romanzi aeroportuali (quei thriller perfetti per essere letti in aeroporto), libri come Angeli e demoni, all'inizio del quale una bomba viene creata proprio all'interno dell'enorme laboratorio a ovest di Ginevra. In altri casi rimane un posto misterioso, all'interno del quale - secondo notiziari e articoli di giornale - una serie di scienziati gioca a fare Dio e cerca di ricreare il Big-Bang. C'è sempre una componente di paura quando si parla del CERN: una sensazione oscura legata ai potenziali effetti collaterali degli esperimenti che il laboratorio pratica. 


 
Questa "paura" viene sostituita dalla parola bellezza da parte di chi al CERN (la cui sigla indica Conseil européen pour la recherche nucléaire) ci è andato davvero. In questo caso il regista Valerio Jalongo, il cui film, Il senso della bellezza - Arte e scienza al CERN, viene presentato nei cinema solo oggi e domani, 21 e 22 novembre 2017 grazie a Officine UBU.  "Non sono uno scienziato - ci racconta Jalongo quando lo chiamiamo al telefono - anzi ho sempre avuto una certa ostilità nei confronti della matematica. Quando ho scoperto che anche gli scienziati nel giudicare una teoria o un'equazione facevano riferimento al concetto di bellezza o eleganza... è stato lì che una lampadina si è accesa dentro di me". Il regista continua dicendo che "c'è un elemento umano artistico che ci rende comuni. Non volevo fare un film divulgativo, volevo cercare di raccontare una scienza più umana, quella più simile alla filosofia. Credo che sia quel tipo di scienza che in qualche modo praticano al CERN".

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Sullo schermo assistiamo al racconto di un esperimento senza precedenti che vede scienziati di tutto il mondo collaborare intorno all’acceleratore di particelle LHC (Large Hadron Collider), allo scopo di scoprire i misteri dell’universo. Jalongo cerca dunque la bellezza e crea un parallelo tra arte e scienza dove scienziati del CERN da una parte e artisti contemporanei dall’altra ci guidano nella loro ricerca della verità.

"Se non mi fossi mai recato al CERN allora non avrei avuto l'idea di rivolgermi a dodici artisti di tutto il mondo per aiutarmi a visualizzare quello che accade lì dentro" - continua Jalongo, ma cosa accade lì dentro esattamente? "La prima volta che sono entrato, ho avuto un senso di delusione: era brutto, pieno di capannoni industriali, simile a qualsiasi periferia industriale di una città malmessa. Poi sono entrato in quella che loro chiamano 'la caverna': un anello di ventisette chilometri e cento metri di profondità. Mi sono trovato di fronte a questi rivelatori di particelle che includono miliardi di cavi e miliardi di sensori. Ci si chiede come siamo arrivati a creare una cosa così terribile e meravigliosa allo stesso tempo. Nessuno di noi sa cosa stiano facendo realmente all'interno del CERN. Io l'ho visto. Si cerca di rispondere alle domande più importanti: chi siamo? Da dove veniamo? Da dove ha origine l'universo?". 

 
E' interessante notare come venga fuori il lato umano degli scienziati. D'un tratto anche loro parlano la nostra lingua...
Assolutamente. Una cosa che mi ha colpito e che ha influenzato il film è il loro senso di comunità: il modo in cui gli scienziati riescono a condividere la loro ricerca. D'un tratto ho trovato un elemento visivo per il film. Perché la verità è che all'inizio ho sottovalutato la potenzialità del progetto: e cioè quello di fare un film sull'invisibile, una contraddizione interna. Un paradosso per il cinema. Mentre passavo tempo con i fisici mi sono ricordato di Richard Feynman, lo scienziato che ha dichiarato: 'Se credete di aver capito la fisica quantistica, vuol dire che non l'avete capita'. Dunque anche loro possono brancolare nel buio. E anche loro hanno bisogno di aggrapparsi a qualcosa. La bellezza può essere d'aiuto. 
 
Il suo film mette la bellezza in pole position su qualsiasi altra emozione. Non c'è spazio per la paura all'interno di questo luogo di pace e creatività... 
Viviamo in un mondo che effettivamente è sempre più complesso e difficile da capire. Un posto in cui le persone possono avere la tentazione di guardare indietro invece di andare avanti. Purtroppo forse è anche una responsabilità di noi che facciamo cultura e non abbiamo saputo raccontare quanto di buono c'è nel mondo. Una cosa facilmente rintracciabile al CERN.  

Un senso di comunità tra scienziati. Un concetto di "Comunità" che ultimamente in Europa ha non pochi problemi a esistere...
Esattamente. Ho iniziato a lavorare al film cinque anni fa: quando non c'era ancora la Brexit o la Catalogna. Non dobbiamo dimenticare che il CERN è stato il primo nucleo della comunità europea: quando l'Europa era in rovine e piena di odio nel dopoguerra, i primi a dialogare sono stati i fisici. Il CERN nasce per questo. Oggi sembra che questa cosa sia stata dimenticata ed è preoccupante. E' un momento d'allarme.  


Jalongo, lei ha lavorato al progetto per cinque anni. Ha girato al CERN per un periodo di due anni. Quanto è stato complesso assemblare il film e trovare la chiave giusta per raccontare questa storia?
Mettere insieme arte e scienza, evitare un film esplicativo e allo stesso tempo non fare una roba new age. Questa è stata la sfida: cercare di parlare di bellezza come un sesto senso, un'intuizione che guida sia gli scienziati sia gli artisti. Ci ho messo un anno a montarlo. Non rinnego questo tempo, per me come essere umano oltre che come regista è stata una grande avventura di conoscenza e di scoperta. 

Il senso della bellezza - Arte e scienza al CERN è nei cinema solo il 21 e il 22 novembre, distribuito da Officine UBU