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Dead in the USA: l'America violenta de La notte del giudizio

Il film con Ethan Hawke racconta caduta e ascesa degli USA nella notte in cui ogni reato è permesso. L'intervista esclusiva al regista James DeMonaco

24.07.2013 - Autore: Pierpaolo Festa
Una decina di anni nel futuro l'America è destinata a cadere. Le borse crolleranno. Ogni senso di fratellanza o spirito di popolo verrà definitivamente raso al suolo. Chiunque sigillerà le proprie case e si sentirà protetto solo all'interno di queste, affidandosi a un piccolo arsenale di armi da fuoco che sarà lecito usare, nella libertà più assoluta, almeno una notte all'anno. La notte in cui ogni reato viene perdonato. Tutto, anche l'omicidio.

Il futuro viene descritto da un linguaggio cinematografico che appartiene al passato (John Carpenter in primis), eppure si parla del presente. Ce lo conferma James DeMonaco, regista de La notte del giudizio: “Sono partito dalla realtà pensando a quanto gli americani siano in grado di essere un popolo violento e arrabbiato. Mentre scrivevamo il film l'idea era quella di approfondire il rapporto tra armi e violenza e focalizzarci sulla paura che dall'11 settembre in poi non è stata mai frenata”.


Ethan Hawke in una scena de La notte del giudizio: leggi la recensione di Film.it

Sullo schermo Ethan Hawke interpreta un uomo d'affari ricco sfondato grazie alla creazione di sistemi di sicurezza. Un padre di famiglia poco simpatico e a tratti spregevole: “Ethan voleva interpretarlo come un tipo alla Tom Cruise: un uomo di successo con un sorriso smagliante, ma anche un businessman devoto al guadagno. Il suo personaggio assume un comportamento molto americano, forse anche giustificabile: fare tutto il possibile per provvedere alla famiglia. A costo di ignorare chiunque altro”.

Girato con uno spirito rivoluzionario e sovversivo, La notte del giudizio ha fatto imbestialire non pochi spettatori in America: “Da una parte gli abbiamo dato l'intrattenimento, dall'altra volevamo scuoterli come se li volessimo svegliare. Lo spettatore USA cerca sempre personaggi bianchi o neri. Vuole sempre l'eroe. Qui non c'è nessun eroe”. Inevitabile dunque nominare una volta e per tutte il grande Carpenter “uno dei pochi in grado di utilizzare il genere ed andare oltre per raccontare la società. Un autore di cui il cinema avrebbe sempre bisogno”. L'elemento finale è l'ironia, nel momento in cui entra in scena anche una componente psicologica secondo la quale scatenarsi e uccidere una volta l'anno può frenare ogni altro impulso violento del cittadino e azzerare dunque il livello di criminalità. “Qui ho strizzato l'occhio al cinema di Paul Verhoeven – confessa DeMonaco - Questo film lavora anche sull'aspetto satirico: si invoca la psicologia quando invece è proprio il governo a istituire questa 'purga' per sbarazzarsi una volta e per tutte dei poveri che vengono uccisi per strada”.

La macchina da presa segue una famiglia assediata da un gruppo di pazzi che non vede l'ora di far scorrere il sangue. L'apocalisse politica rimane sullo sfondo, viene raccontata una storia intima: “Siamo stati costretti a farlo: avevamo un budget di soli tre milioni di dollari”. Questo è dunque il segreto? Avere meno soldi per ottimizzare le idee? “Assolutamente – afferma il regista – Un budget basso costringe a focalizzarti sui momenti chiave e trovare subito il cuore del film”.



La notte del giudizio ha già incassato 76 milioni di dollari in tutto il mondo. Ovviamente i produttori non si sono lasciati sfuggire l'occasione di declinarlo in un franchise: “Sto scrivendo il sequel in questo momento – conclude DeMonaco - c'è molto altro da raccontare di questa America rinata sotto le tenebre, così lontana e così vicina”.
 
Prodotto da Michael Bay e dalla sua Platinum Dunes, La notte del giudizio arriverà nei cinema dal 1 agosto, distribuito dalla Universal Pictures.

Per saperne di più
Il trailer del film