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David Lynch: The Art Life. Le lacrime del regista nel documentario testamento

Il film, presentato in anteprima a Venezia, arriverà in Italia a gennaio. A marzo lo vedremo su Sky Arte

06.09.2016 - Autore: Pierpaolo Festa (Nexta)
Esistono centinaia di filmati che esplorano il lavoro di David Lynch e che includono interessantissime chiacchierate con il regista. Pochi però colpiscono come questo David Lynch: The Art Life, documentario appena presentato nella sezione Venezia Classici della Mostra del Cinema e in arrivo sugli schermi italiani a gennaio distribuito da Wanted. Un film lungo un'ora e mezza, a metà strada tra una confessione e una seduta di terapia. Un film che presenta anche notevoli filmati di repertorio, quei Super 8 girati dalla famiglia Lynch in cui vediamo David bambino negli anni Cinquanta. "Questa è la sua storia. Non è un'intervista. Noi eravamo lì. Abbiamo vissuto nei suoi alloggi, pronti ad ascoltarlo quando lui ci chiamava - ci racconta Jon Nguyen, che ha diretto il documentario insieme a Olivia Neergaard-Holm e Rick Barnes - Ci ha invitati a seguirlo mentre lavorava. C'è voluto un po' per farlo parlare, all'inizio era più una cosa tipo: 'accendete la telecamera e seguitemi'".

 
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David Lynch si confessa davanti alla macchina da presa. Ci racconta della sua più grande passione, quella di dipingere: lo vediamo al lavoro mentre assembla installazioni o fa scivolare il pennello sulla tela. Felice. Una gioia che si è guadagnato con grande fatica e tante lacrime. Proprio così, per chi è entrato nel suo mondo attraverso la paura, venire a conoscenza di un Lynch che dopo aver litigato con il padre, sale in camera e scoppia in un pianto, rappresenta decisamente una sorpresa. Toccante. Ancora più toccante è vederlo al lavoro sui suoi quadri, affiancato da una bambina di quattro anni. Il primo pensiero di chi guarda è: "Ecco sua nipote". Una didascalia ci costringe a riformulare il pensiero: la piccola è in realtà Lula, l'ultima figlia che il regista ha avuto nel 2012. "Abbiamo fatto questo film per la bambina" - afferma Nguyen più volte nel corso della conversazione con Film.it .
 
Sullo schermo seguiamo il regista di Velluto Blu nella sua "bottega", il suo habitat naturale, il laboratorio nel quale ci si fa strada tra le cicche di sigarette per terra. Il titolo del film fa riferimento a un assoluto stato di felicità: "The Art Life - dice Lynch - è quel modo di passare la vita non facendo altro che bere caffè, fumare sigarette e dipingere. E' lì che provi felicità infinita". Poi aggiusta leggermente il tiro: "Probabilmente c'è anche spazio per le donne in questo mio quadretto, ma non troppo!". 


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Nguyen torna a sottolineare la natura "testamentaria" di tutta l'operazione: "Siamo stati noi a dirgli: 'David, non sei più un ragazzino. Hai una figlia piccola, forse è arrivato il momento di fare un film su te stesso, così un giorno lei imparerà molte cose sul tuo conto. Devi condividere queste storie con lei'. Lula è troppo giovane e David ha appena compiuto 70 anni. Potrebbe non essere più qui quando la figlia diventerà una teenager. Anche se noi speriamo che viva per sempre. Alla fine lei avrà tutto il materiale che abbiamo girato: tutte le venticinque ore del film". La bambina è nata dal matrimonio con l'attrice Emily Stofle. Il suo quarto matrimonio. Il regista non è di certo uno che passa la sua giornata in pantofole a guardare la TV: "E' rimasto in ottimi rapporti con tutte" - precisa Nguyen. "Di sicuro non le ha uccise" - ribattiamo noi, scherzando con l'autore de film.

Guardare The Art Life non significa vivere un'esperienza orrorifica di angoscia e paura a cui il regista ci ha abituati in diversi suoi lavori cinematografici. Quell'oscurità passa in secondo piano, nonostante alcune delle creazioni artistiche di Lynch che vengono inquadrate siano ben più cupe dei suoi stessi film. D'un tratto il Lynch sullo schermo ricorda il personaggio di Richard Farnsworth nel capolavoro Una storia vera: "Posso capirlo che penserete a quel film - continua Nguyen - Più andavamo avanti con la storia, più lui ricordava il passato. C'è un lato di David molto 'americano', nel senso più tradizionale del termine. Una componente retrò epica, come se fosse uscito dagli anni Cinquanta". In questo susseguirsi di storie personali quello che viene fuori è una classica storia di perseveranza e coraggio: la storia di un ragazzo pronto a trovare la forza di guardare negli occhi il padre scettico e dirgli che l'arte è tutto per lui. "Il nostro film comincia dalla sua infanzia e finisce poco dopo le riprese di Eraserhead, il periodo antecedente alla sua fama, prima che tutti conoscessero il nome di Lynch. E' importante sapere che, anche nei periodi più duri, lui non ha mai mollato. E che alla fine ci è riuscito". 

"UNO DEI DIPINTI DI LYNCH INTITOLATO "SHE WAS HURT AND WALKING TO HER HOUSE AND THEN THERE WAS SOMEONE" (lett: Lei era ferita e camminava verso casa sua. E lì c'era qualcuno"
 
Bisognerà aspettare ancora una decina di mesi prima di tornare a Twin Peaks insieme a Lynch, un appuntamento televisivo già annunciato per il quale tutti stiamo scalpitando. "Nel nostro film lo vedete prendere appunti o scarabocchiare su un foglio giallo, più volte - racconta Nguyen senza sbottonarsi troppo - In quei momenti scriveva alcune delle storie di Twin Peaks che vi presenterà nel 2017. Quelle storie gli venivano fuori all'improvviso. E lui le annotava in diretta davanti a noi. Eravamo molto felici di trovarci in quella stanza e assistere al processo creativo". 

David Lynch: The Art Life arriverà nei cinema a gennaio distribuito da Wanted. Il film sarà poi trasmesso a a marzo in esclusiva su SKY ARTE

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