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Ballad in Blood, il ritorno di Ruggero Deodato: "Non sono un regista horror"

Acclamato al Festival di Sitges, il nuovo film di uno dei riferimenti più noti del cinema italiano di genere

13.10.2016 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
"Uno dei grandi registi italiani degli anni '70 e '80, in un periodo in cui il cinema italiano era davvero fantastico. Oggi invece sembra si siano dimenticati come farlo", sono le prime parole di Angel Rama, direttore del Festival de Cine Fantastic de Sitges nel presentare Ballad in Blood, il nuovo film di Ruggero Deodato, "Colui che ha inventato il Found Footage. E che ha fatto tutto nella sua carriera, anche il poliziesco, diventando un vero e proprio riferimento per molti registi statunitensi".

Dopo un ventennio circa di scarse o nulle apparizioni sul grande schermo, il regista lucano sceglie una platea ideale per un ritorno in grande stile, almeno a giudicare dalla forma con la quale si presenta al pubblico del festival catalano con un "dedicato ai giovani - come lo definisce. - E ai giovani attori che qui, come in Cannibal Holocaust, sono esordienti, almeno in quattro, tutti molto bravi". Guidati dalla Carlotta Morelli che interpreta Lenka, la discinta e seducente manipolatrice che domina la scena, dopo aver fatto invaghire di sé e del suo personaggio lo stesso regista. Un merito, sicuramente, visto che ci ha permesso di riabbracciare un vecchio amico, uno dei pochi, a vedere il risultato…



È lei la donna tra il terribile Jacopo, sempre strafatto e sopra le righe, e il colossale Duke, vittima di eventi e pregiudizi. Almeno nella stessa lettura del filmmaker, che esplicitamente dichiara di essersi rifatto alla storia di Amanda Knox: "Il film è ispirato a un fatto di cronaca vero, ambientato in una città dove molti vanno in Erasmus, ma il giudizio finale è diverso, l'ho cambiato, l'ho dato io, e ho condannato chi dovevo condannare". Purtroppo, probabilmente, questa visione dell'Erasmus come un momento "in cui i giovani fanno di tutto" - come insistentemente ripete Deodato - ha dato 'alla testa' al film stesso, nel quale vediamo giovani supposti universitari concedersi ogni vizio possibile, satanismo compreso, in ogni angolo della splendida Orvieto, persino nel Pozzo di San Patrizio (dove si svolge la 'demoniaca' sequenza iniziale del film e assistiamo a una morte importante)

Ma non è sugli eccessi che si potrebbe giudicare un film così, e un regista come Deodato… "Un regista particolare, un film particolare", come li descrive la stessa Morelli. "La mia paura era che non fosse un film alla Deodato, - confessa lui stesso. - Che non si sentisse la mia mano. Ma ho visto che il pubblico ha apprezzato lo humor. Ridere è importante". E quando qualcuno gli urla "sei ringiovanito!", è come se gli avessero consegnato un Oscar… "Grazie, era quello che volevo - dice, sincero. - Perché io sono vecchio, ma solo dentro".



E si vede. Nell'energia che trasuda il film, pur scombinato e confuso, pieno di falle e di strappi nella sceneggiatura e nei personaggi, che indulge nei nudi della protagonista (che quando si 'veste' ironicamente indossa giusto una maglia con la scritta "Yummy!") e in inutili volute che non fanno che prolungare il supplizio, senza angiungere né tensione né sangue, visto che anche questo attesissimo marchio di fabbrica langue abbastanza (per quanto coerentemente con il tentativo di thriller). Unica chicca la presenza dello stesso regista in un cameo, nel ruolo del Professor Eli Roth (un amico, da sempre riconoscente, che lo aveva omaggiato nel suo Green Inferno, "non come Tarantino…").

E, per noi, la conclusione del nostro eroe - che speriamo di rivedere presto, comunque - che alla domanda sul perché in Italia non si faccia più il cinema di 'quegli' anni risponde: "Perché non ci sono molti Deodato in circolazione. I giovani si fanno troppe pippe mentali, non hanno la forza di fare film sanguinari. Forse anche perché non seguono più la cronaca nera dei giornali. A casa mia, quando mio padre leggeva il giornale, poi lo dava alla cameriera e lei la mattina chiamava noi sette fratelli per raccontarci le storie che aveva letto. Mi ha sempre affascinato. Per questo non è corretto definirmi un regista horror. Io faccio film realisti. Dopo Rossellini ci sono io!".