
Dal 1981, anno della prima stesura, al 1984, il copione era cambiato radicalmente: all'inizio, Marty era un videopirata e la macchina del tempo un frigorifero (idea scartata per non ispirare i ragazzini a chiudersi nel frigo), attivato da un'esplosione atomica nel deserto del Nevada. Per tagliare i costi, il climax fu totalmente cambiato (dall'atomica si passò alla scarica di un fulmine da 1,21 gigowatt) e l'idea vincente della DeLorean e del flusso canalizzatore completarono il quadro.

Il risultato fu “Ritorno al futuro”, una delle commedie di maggiore successo di tutti i tempi (con un budget di 19 milioni di dollari ne incassò circa 381 in tutto il mondo) e uno dei più magici esempi dell'intrattenimento americano anni Ottanta, epoca in cui nell'involucro del film per famiglie, autori come appunto Zemeckis e Spielberg erano in grado di creare prodotti intelligenti e personali. “Ritorno al futuro” è, non ci pare di esagerare nell'usare questo termine, un capolavoro: è dotato di un umorismo e di un ritmo contagiosi, di personaggi e momenti memorabili (alzi la mano chi ancora adesso non si commuove davanti all'esecuzione di “Johnny B. Goode”) e di una colonna sonora (di Alan Silvestri) indimenticabile. Al di là della premessa fantastica, il film parla del rapporto tra le generazioni come pochi altri sono riusciti a fare, mettendo in scena l'amicizia tra un padre e un figlio resi magicamente coetanei, e accennando addirittura un rapporto incestuoso tra Marty e sua madre Lorraine.

E poi c'è quel cast, così azzeccato: da Thomas Wilson nei panni del bullo Biff Tannen, a Crispin Glover che fa il nerdissimo George McFly, fino a Lea Thompson nel ruolo della madre insospettabilmente ribelle. Ma soprattutto, ci sono loro: Marty e Doc, Michael J. Fox e Christopher Lloyd. E pensare che per poco il ruolo di Lloyd non andò a John Lithgow, e addirittura quello di Marty era stato assegnato a Eric Stoltz (non ci credete? Cliccate qui), che recitò per ben cinque settimane prima che il regista, poco convinto delle sue doti comiche, si decidesse a rimandarlo a casa per fare spazio a Fox. Che per la durata delle riprese fu costretto a lavorare giorno e notte, diviso tra il set di Zemeckis e quello di “Casa Keaton”. Basta questo per farsi un'idea di quanto, a volte, sia la fortuna l'elemento essenziale nella ricetta alchemica di un classico.

Sono passati venticinque anni dall'uscita di “Ritorno al futuro” nelle sale italiane, e ancora oggi è un cult amato da tutte le generazioni cresciute dopo il 1985. Prova ne è il fatto che, nonostante Hollywood sia stata colpita dalla febbre dei remake, nessuno si è ancora sognato di rifarlo. Perché, come ogni classico, il capolavoro di Robert Zemeckis è senza età e non ha bisogno di essere svecchiato. Il 27 ottobre, chi riuscirà ad acquistare il biglietto potrà godersi (o rivedere) “Ritorno al futuro” al cinema, come Zemeckis, Gale e Spielberg avevano inteso. Noi saremo lì, a guardare per l'ennesima volta Marty McFly scivolare sulla sua tavola da skate, ricordando che “il delfino ci ha uniti”. Anzi, il destino.