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Top Five: 55 anni di Palma d'oro

Da cinquantacinque anni, la Palma d'oro di Cannes è il premio europeo più ambito del cinema internazionale. Ne rivediamo la lunga storia, attraverso cinque illustri vincitori...

Cannes - Palma d'Oro

22.05.2010 - Autore: Marco Triolo
Consegnata per la prima volta nel 1955 (nelle mani del regista Delbert Mann per il film “Marty”) anche se il Festival di Cannes ha preceduto di sedici anni la sua creazione, la Palma d’oro è diventata nei decenni il premio europeo più ambito del cinema internazionale, e ha sancito la gloria di tutti i più grandi del cinema, da Coppola a Scorsese, da Wenders a Rossellini. In origine fu disegnata dal gioielliere Lucienne Lazon, ma col tempo il suo design è stato rivisto parecchie volte fino all’ultima incarnazione, firmata da Caroline Scheufele. Quest’anno siamo giunti alla 63ma edizione del festival, e quel rametto dorato è ancora lì a ricordare al mondo che chi esce vincitore da Cannes avrà per sempre un posto d’onore nella storia del cinema. Ripercorriamo la storia di Cannes attraverso cinque illustri vincitori, tra l’applauso e lo scandalo.

Nanni Moretti trionfa a Cannes

5. “La stanza del figlio” di Nanni Moretti
Gli italiani hanno una certa tradizione a Cannes: già “Roma città aperta” di Roberto Rossellini e “La dolce vita” di Federico Fellini avevano tenuto alto il nome del nostro Paese, ma bisogna ricordare anche “Il Gattopardo” di Luchino Visconti e “L’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi. Nel solco della tradizione, e alla faccia di chi gli vuole male, nel 2001 si impone Nanni Moretti con il suo film più struggente, “La stanza del figlio”. Una pellicola magistrale nel raccontare il lutto e il bisogno di superare il dolore per la perdita delle persone care, senza utilizzare toni strappalacrime. Intelligente anche la scelta di Moretti di porre al centro della vicenda il suo personaggio, uno psicanalista che improvvisamente si scopre incapace di continuare il suo lavoro: lui che aiutava i pazienti a superare i propri traumi è incapace di dimenticare il suo. In epoca di vacche magre per il cinema italiano, è sempre un piacere quando il resto del mondo riconosce che anche da noi nascono opere di valore.

Michael Moore trionfa a Cannes

4. “Fahrenheit 9/11” di Michael Moore
Siamo nel 2004, in piena presidenza Bush, e Michael Moore realizza quello che forse è il suo più aspro attacco nei confronti della politica attuata dall’amministrazione americana per contrastare l’escalation del terrorismo internazionale. “Fahrenheit 9/11” vince la Palma d’oro ed è subito polemica: c’è chi dice che la giuria ha dato un premio politico, anche se il presidente Quentin Tarantino ci tiene a sottolineare il contrario. In America, la stampa di destra di scatena: Jon Alvarez di FireHollywood commenta che c’era da aspettarselo dai francesi, ma forse non sa che la giuria contiene quattro americani su nove. Il discorso di accettazione del premio è il podio ideale per Moore, che ne approfitta per esprimere ancora il suo dissenso nei confronti di Bush: “Un grande presidente repubblicano un tempo disse che se dai alla gente la verità, i repubblicani e gli americani saranno salvati. Dedico questa Palma d’oro a mia figlia, ai figli degli americani, all’Iraq e a tutta la gente che nel mondo soffre per le nostre azioni”. “Fahrenheit 9/11” fu il primo documentario a vincere il prestigioso premio dopo “Le monde du silence” di Jacques Cousteau e Louis Malle (1956). Al di là delle polemiche, è innegabile la potenza di un film che seppe parlare al mondo intero, anche a chi di politica non si interessava, dei problemi che affliggevano e ancora affliggono il pianeta.

Quentin Tarantino vince a Cannes con Pulp Fiction

3. “Pulp Fiction” di Quentin Tarantino

Il cult degli anni ’90 per eccellenza, “Pulp Fiction” vinse la Palma d’oro nel 1994, segnando un punto fondamentale nella carriera e nella vita del regista Quentin Tarantino: da allora, la sua carriera è schizzata verso le stelle e i suoi dialoghi logorroici e la struttura non cronologica dei suoi film sono stati imitati da schiere di giovani registi. Dieci anni dopo, sarebbe tornato a Cannes come presidente della giuria, ma quando nel 1994 raccolse il premio fu fischiato da quella parte di pubblico che non aveva compreso la portata del suo film. Lui non si perse d’animo e, per tutta risposta, mostrò il dito medio ai suoi detrattori. C’è da dire che anche in questo caso la giuria interpretò lo spirito dei tempi con grande prontezza: “Pulp Fiction” avrebbe scatenato una serie di trend che durano ancora oggi, rivoluzionando il linguaggio di certo cinema di consumo. L’anno scorso, Tarantino è tornato ancora una volta a competere per la Palma d’oro con “Bastardi senza gloria”. Non ha vinto, ma i suoi ammiratori sanno bene che un premio consegnato a uno dei suoi attori (Christoph Waltz) è come un premio consegnato a lui, che della direzione degli attori ha fatto un suo marchio di fabbrica.

Francis Ford Coppola a Cannes

2. “Apocalypse Now” di Francis Ford Coppola
Un anno di riprese, interrotte da un uragano e dall’infarto di Martin Sheen, per quello che alcuni ritengono il capolavoro di Francis Ford Coppola e in generale del cinema che racconta la guerra del Vietnam. Nel 1979, “Apocalypse Now” si aggiudica la Palma d’oro a pari merito con “Il tamburo di latta” di Volker Schlöndorff, a coronamento di una delle lavorazioni più difficoltose della storia del cinema. Tratto dal romanzo di Joseph ConradCuore di tenebra”, il film di Coppola si pone come l’esperienza di guerra definitiva sul grande schermo, cosa che il regista ha prontamente sottolineato durante la conferenza stampa di presentazione al Festival: Il mio non è un film sul Vietnam, è il Vietnam”, dichiarò con fare solenne. Coppola ne approfittò anche per rispondere ai giornalisti che avevano attaccato lui e la produzione durante le riprese nelle Filippine, ma alla fine ammise: “Avevamo accesso a troppi soldi, troppa attrezzatura, e pian piano siamo usciti di senno”. La copia che fu proiettata a Cannes era ancora provvisoria, e si aggirava su una lunghezza di tre ore, poco meno del “Redux” ma più della versione cinematografica. La proiezione fu accolta da lunghi applausi, tuttavia alla premiazione non mancarono i fischi. Il tempo, si sa, ha dato ragione a Coppola.

Federico Fellini a Cannes

1. “La dolce vita” di Federico Fellini
Con un po’ di orgoglio nazionale, e consapevoli dell’enorme quantità di film meritevoli del primo posto ma da noi ignorati, mettiamo sul gradino più alto del podio “La dolce vita” di Federico Fellini. D’altra parte, si tratta del miglior esempio di come il nostro cinema un tempo fosse ammirato a livello internazionale. Non solo: abbiamo promesso di raccontare anche premiazioni “scandalose”, e cosa c’è di più scandaloso del film che nel 1960 fu stroncato dall’Osservatore Romano per il suo audace accostamento di immagini religiose e personaggi moralmente discutibili (si pensi alla scena di apertura, con la statua del Cristo trasportata in volo sopra Roma)? Certo, anche nell’ambiente cattolico ci furono voci dissenzienti, come quella dei Gesuiti, ma resta il fatto che l’onda anomala dello sdegno spinse le autorità spagnole a bandire il film. Nonostante tutto ciò, “La dolce vita” vinse la Palma d’oro al 13° festival di Cannes e ancora oggi è considerato un classico, capace di parlare dell’Italia del dopoguerra, divisa tra miseria e sfarzo, nel tentativo di cancellare la memoria del periodo più drammatico della sua storia. Il racconto di Fellini, tacciato di amoralità, in realtà descrive proprio il decadimento morale di Roma, senza cadere nel moralismo. Il gioco di parole è voluto, e Fellini ne sarebbe contento.

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