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Soderbergh e il grande gioco del cinema

Dopo il successo incredibile dei suoi film, da Erin Brokovich a Traffic fino a Ocean's Eleven, Soderbergh torna con "Full Frontal".

Traffic

30.08.2002 - Autore: Ludovica Rampoldi
Dopo il successo incredibile dei suoi film, da Erin Brokovich a Traffic fino a Ocean's Eleven, Soderbergh torna con "Full Frontal". Chi si aspettava lo scandalo annunciato di una Julia Roberts nuda si è dovuto accontentare del corpo senza veli di David Duchovny morto, e chi pensava che a Hollywood il successo rendesse pacchiani, si è dovuto ricredere davanti a un film dall'estetica così povera e scarna da far pensare a un film del Dogma.   Macchina digitale, immagini sgranate, luci fredde e naturali. Un ritorno alla purezza e alle origini per raccontare l'amore per il cinema in una sorta di machiavellico remake di Effetto Notte: Full Frontal racconta ventiquattro ore a Los Angeles, dove sette personaggi inseguono e confrontano i difficili legami che li uniscono. Il tutto mentre sul set si gira un film, e sullo sfondo traspaiono i tic, le nevrosi e le solitudini del mondo del cinema.   Come in un cubo di Rubik lo spettatore deve ricomporre i collegamenti, connettere relazioni, intrecciare personaggi. E se risultasse un gioco intellettualistico, ci pensa la recitazione ariosa e corale di un cast perfettamente assortito a donare freschezza e brio al film. Julia Roberts (ormai al terzo film in compagnia dell'amico regista), Blair Underwood, David Duchovny e Brad Pitt confermano la grande capacità di Soderbergh di riunire e dirigere alla perfezione un cast stellare.   Perché c'è una cosa nei film di Soderbergh che traspare sempre, e che spesso gli è stata rinfacciata come un limite: il divertimento che c'è dietro. Soderbergh e i suoi attori si divertono come dei pazzi, e se qualcuno avrà qualcosa da rimproverare a Full Frontal, sarà proprio il suo carattere di grande divertissement: "Forse è più facile leggere il film come opera sul viaggio nel tempo dice il regista Soderbergh- Una meditazione sul comportamento di un gruppo di persone molto particolari in un luogo molto particolare, un finto documentario su connessioni e sconnessioni, una dialettica sull'estetica del cinema del 2002. O forse ci stavamo solo divertendo."