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Peter Mullan e le sue babygang

Intervista al regista e attore scozzese, il cui drammatico "Neds", già vincitore al Festival di San Sebastian, viene presentato nella sezione Festa Mobile del Torino Film Festival

Peter Mullan

27.11.2010 - Autore: Andrea D'Addio
Era difficile tornare dopo 8 anni di assenza da dietro la macchina da presa e realizzare un film che rimanesse a lungo, così come il precedente “Magdalene”, nelle menti di tutti i suoi spettatori. Peter Mullan questa capacità però la possiede e, non a caso, anche stavolta ha convinto i giurati di un festival. A Venezia fu Leone d’oro, a San Sebastian è stata Conchiglia d’oro. E adesso Neds” viene presentato alla ventottesima edizione del Torino Film Festival. Il film è una storia in parte autobiografica: siamo nella Glasgow dell’inizio degli anni ’70 e John è uno studente modello. Peccato però che le sue origini siano proletarie e così, intorno a lui, c’è un vuoto di amicizie. Chi è ricco è costretto dai genitori a stargli alla larga, e quelli invece che appartengono alla sua stessa classe sociale sono ragazzi senza ambizioni, piccoli delinquenti di strada. Sono Neds, ovvero Non Educated Delinquent, bande di teppistelli di cui oggi, ancor più di allora, si parla tanto in Gran Bretagna come uno dei fenomeni sociali più preoccupanti. Si va in giro con il coltello e spesso si uccide per futili motivi. Un tema forte, di cui parliamo proprio con Mullan.

Una sequenza del film Neds

Sui giornali si leggono continuamente brutti casi di cronaca, aggressioni giovanili senza veri motivi. E l’età dei coinvolti si abbassa sempre più, spesso anche tredicenni. C’è una possibilità per risolvere questo declino sociale?
Non saprei, ma so che sarà sempre peggio. In Gran Bretagna chi è ricco manda i figli nelle scuole migliori e chi va in quelle pubbliche sconta il fatto di essere figlio di genitori della classe operaia. Le gerarchie che già lì si creano sono difficili da superare. Per chi non sa con chi stare il pomeriggio perché i genitori sono fuori di casa per lavoro, le bande che si ritrovano davanti al portone di casa sono l’unico intrattenimento che non si paga.

Quanti elementi autobiografici sono presenti in "Neds"?
Molte idee e scene fanno parte della mia memoria. Ho girato nella stessa scuola che frequentavo, il protagonista ha la mia stessa età di allora e il rapporto con mio padre era altrettanto conflittuale. Anche i miei genitori erano lavoratori di primo livello come quelli di John nel film, e anche a me fu impedito di accedere alla migliore sezione del mio istituto a causa della brutta nomea che aveva mio fratello. Diciamo che in "Neds" ci sono le atmosfere e le emozioni della mia infanzia, ma non la mia storia.

Peter Mullan premiato al Festival di San Sebastian

Nel film c’è una scena piuttosto grottesca in cui la statua di un Gesù prende vita e fa a cazzotti con il protagonista. La religione cattolica è spesso presa di mira, o comunque al centro delle tue storie. E’ un’ossessione o semplicemente casualità?
I miei genitori erano cattolici, io non più, ma sono sempre stato affascinato dalle icone religiose e a come la nostra personalità sia condizionata dalla religione. Visto che racconto storie di cose che appartengano al mio mondo, è normale che parli di cattolicesimo. La scena in questione però non ha nessun riferimento biblico o lettura meta testuale. L’ho inserita perché mi faceva morire dal ridere. Tu hai riso? Ecco, hai visto che ho fatto bene?

Hai lavorato spesso con Ken Loach. Quanto ti ha influenzato il suo cinema sociale quando sei stato tu a dovere scrivere e dirigere un film?
Sono al mio terzo film da regista, e solo ora mi rendo conto di essermi allontanato parecchio dal cinema di Ken. Non solo le storie, quelle forse sono sempre state molto differenti tra noi due, ma di certo il modo di dirigere e di ricerca che perseguo. Penso che i miei lavori ormai siano più segnati dal cinema di Luis Buñuel e dal suo “L'angelo sterminatore”. Lo vidi quindicenne e ancora non abbandona il mio immaginario.  Anche “If” di Lidndsay Anderson, il cinema di Vittorio De Sica, “La battaglia di Algeri” di Gillo Pontecorvo, tutto Kurosawa e Eisenstein. Ora continuo ad andare al cinema e a comprare pacchi di dvd. In questo momento sto finendo un cofanetto con tutta la filmografia di Federico Fellini, un genio.
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