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Nel regno del terrore con James Wan

Abbiamo incontrato al Festival di Roma il regista di "Saw", che ha presentato il suo nuovo horror "Insidious"

James Wan

29.10.2011 - Autore: Marco Triolo
Quante volte si sente dire “Amo il cinema, ma non i film dell'orrore”? E' un luogo comune abbastanza diffuso che l'horror sia un genere minore, un'accozzaglia di effettacci per destare l'interesse di un pubblico che non coglie il “vero” cinema. Eppure le storie d'orrore sono sempre state parte integrante della settima arte, e al genere appartengono alcuni dei capolavori del cinema. Pensiamo a “Nosferatu”, “Shining”, “L'esorcista”. A ben guardare, l'horror è l'esatto opposto di quello che molti credono: è un laboratorio in cui sperimentare molte delle innovazioni che hanno migliorato il cinema. Ad esempio nel campo degli effetti speciali, o del sonoro, un elemento fondamentale per creare terrore. Uno spirito che James Wan, regista di “Saw”, sembra aver colto perfettamente nel suo nuovo film, “Insidious”, un lavoro che torna indietro ai grandi classici – in particolare il filone delle case infestate – e lascia da parte la CGI per spaventare il pubblico con mezzi collaudati, pochi tocchi essenziali e una conoscenza perfetta dei propri strumenti.

Rose Byrne e Patrick Wilson

Un horror classicamente moderno
Insidious” racconta la storia di una famiglia, padre (Patrick Wilson), madre (Rose Byrne) e tre figli piccoli, che si trasferisce in una nuova e inquietante casa. Dopo pochi giorni, uno dei figli cade in uno strano coma, incomprensibile ai medici. La casa viene in seguito infestata da presenze sempre più pericolose. Dietro il coma del ragazzino si nasconde una sconvolgente verità, che torna indietro sino all'infanzia del padre.

Volevo realizzare un horror moderno che avesse un tono retrò. I film dell'orrore di oggi sono girati come action movies, ma quello secondo me non è horror”: ecco la semplice ma consapevole dichiarazione d'intenti di Wan, che abbiamo incontrato nel corso della prima giornata del Festival di Roma. Una programma completamente rispettato: Wan mostra pochissimo – tranne che nel confronto finale con il “mostro” di turno – e lascia tanto alla suggestione e all'immaginazione dello spettatore, che è tenuto costantemente sul filo del rasoio grazie a un sound design di livello eccelso. Via, come si diceva, i roboanti effetti speciali, e largo a comparse truccate da fantasmi, che popolano i margini delle inquadrature con effetto raggelante.

Per me il sound design ha un'importanza enorme – ci ha spiegato – Negli horror indipendenti che hanno avuto successo, come “The Blair Witch Project”, non si vede quasi niente ma si sente molto, ed è il suono a spaventare di più. In uno studio si è scoperto che il pubblico, quando è spaventato, tende a tapparsi le orecchie, anziché chiudere gli occhi. Per questo il sonoro, specialmente nei film a basso budget, è estremamente importante”.

Uno dei punti di forza del film è la credibilità dei protagonisti: Patrick Wilson e Rose Byrne reagiscono sempre in maniera coerente alle sfide che vengono poste loro, e la scrittura tenta di evitare il più possibile i colpi di scena sopra le righe che spesso impediscono la sospensione dell'incredulità. “Affinché una storia possa dare i brividi – continua Wan – è necessario che abbia delle basi reali. Tutti possiamo identificarci con i personaggi del mio film, perché tutti viviamo in una casa e abbiamo una famiglia da proteggere. L'idea che qualcosa possa invadere il nostro spazio privato ci fa molta paura”.

James Wan sul set

Ritorno all'indipendenza
A produrre “Insidious” troviamo un nome che negli ultimi anni si è ritagliato un angolo significativo nel cuore degli horror fan: Oren Peli, il creatore di “Paranormal Activity”. Ma cosa ne pensa Wan di quella saga, che ha sostituito il suo “Saw” come nuovo franchise di Halloween? “La amo molto. Il formato found footage permette come nessun altro l'immedesimazione del pubblico con il personaggio”. Certo, Wan sembra conoscere molto bene la storia del cinema horror: “Il primo film a rendere popolare questa tecnica è stato 'The Blair Witch Project', ma 'Paranormal Activity' l'ha portata al livello successivo. Certo, se proprio vogliamo dare a Cesare quel che è di Cesare, il vero merito della creazione del found footage va a 'Cannibal Holocaust'”.

Un commento questo che assicura a Wan tanti punti stima in più: non è da tutti i suoi colleghi americani, infatti, citare con questa sicurezza un vecchio titolo della nostra cinematografia. Di cui però lui è vero cultore: “Sono un grande fan del cinema italiano, non solo dell'horror. Il motivo per cui amo i western sono i film di Sergio Leone, che mi piacciono più dei western americani. Tra i miei eroi del cinema horror ci sono Dario Argento, Mario Bava, Lucio Fulci. Registi capaci di prendere un genere già visto e rivoltarlo come un calzino, dandogli un punto di vista inedito. Le storie sono limitate, quindi è fondamentale il modo in cui le si racconta”.

Una scena del film

Nel regno dei sequel
Nonostante James Wan abbia aperto la strada, con il suo “Saw”, a una delle saghe più longeve dell'ultima decade, non sembra amare molto l'idea di un sequel a “Insidious”, o dei sequel in generale, se è per questo. Gli chiediamo se, visto il colpo di scena finale del suo nuovo film – che ovviamente qui non sveleremo – ci sarà spazio per dei seguiti: “Non vedo l'ultima scena come un twist, ma solo come il finale più adeguato per la storia. Un film horror funziona meglio se non finisce benissimo, perché l'idea è quella che il pubblico lasci la sala avvertendo l'impatto del film, e il finale è ciò che rimane di più”. Esclusa l'ipotesi di un sequel, dunque? Non del tutto: “Quando, alla fine di 'Saw', Jigsaw chiude la porta, pensavo che sarebbe finita lì. Poi il film è andato bene, e lo studio mi ha detto, 'perché non riapriamo quella porta?'. Io non faccio i film pensando già ai sequel, ma se il pubblico ne vuole di più, allora ben venga”.

Insidious” è distribuito nelle sale italiane da Filmauro. Per saperne di più, guardate il trailer.

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