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Mental - La nostra recensione

Il nuovo film di P.J. Hogan è una versione downunder di Tutti Insieme Appassionatamente che comprometterà per sempre il ricordo del film di Robert Wise

Mental

11.11.2012 - Autore: Ludovica Sanfelice
Mental è il titolo indovinato della sesta regia dell'australiano P.J. Hogan che arriva al Festival di Roma come giurato e regala la sua ultima fatica alla sezione Fuori Concorso raccogliendo in sala risate convulse. Anche troppe a dire il vero.

Qualcuno aveva mai pensato di guardare Tutti Insieme Appassionatamente al contrario? Ebbene, se gli venisse in mente di farlo, sentirebbe risuonare la risata diabolica di Hogan. Quella mina vagante si diverte infatti a cucire un elogio della follia sulla falsa riga del film con Julie Andrews, ma la sua versione della famiglia Von Trapp è un gineceo composto da una madre e cinque figlie emarginate da una comunità che le considera imbarazzanti, e trascurate dall'uomo di casa (Anthony LaPaglia) che si vergogna di loro e le scambia l'una con l'altra.

L'Australia, per natura, dovrebbe però essere addestrata a vedere il mondo da un'altra prospettiva. E a ricordarlo a questa famiglia di reiette arriva Toni Collette, un'autostoppista emancipata che Julie Andrews se l'è mangiata a colazione.

Mental Toni Collette

Questa donna, come la suorina di campagna che dubitava della propria vocazione, finisce a fare da babysitter ad un clan disfunzionale che ha bisogno di autostima e amore. E anche in questo caso, in un certo senso, gli spettri da scacciare sono l'omologazione, il controllo, la repressione della diversità e l'alienazione dell'unicità dell'individuo.

Lo svolgimento del tema è però tutt'altra storia perchè Hogan mette in piedi una giostra colorata, demenziale, squinternata e kitsch prima che la famiglia riesca a cantare Edelweiss.

Mental

Questa versione downunder del musical antinazista di Robert Wise include infatti nel prezzo una perfida collezionista di bambole, un surfista neomelodico e un cacciatore di squali (Liev Schreiber) che comprometteranno per sempre i ricordi d'infanzia...

La furia inarrestabile di questa crociata provocatoria, sbilenca, incontrollabile e sguaiata contro la presunta normalità diverte, sì, ma per l'eccessiva lunghezza e la foga di un racconto anarchico e traboccante, finisce per stancare come un amico ubriaco che non smette di inveire contro il mondo. Come uno spettatore che al cinema ride troppo forte e non ti fa sentire il film.