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Ma Mere

Il film dell'esordiente Cristophe Honorè che tanto aveva fatto parlare per il gran rifiuto al festival di Cannes viene accolto al Festival di Taormina con molti dubbi.

50^ festival di taormina

18.06.2004 - Autore: Elena Dal Forno
Di Christophe Honorè. Con Isabelle Huppert, Louis Garrel, Emma de Caunes.   E finalmente venne il giorno dello scandaloso "Ma Mere", il film dell'esordiente Cristophe Honorè che tanto aveva fatto parlare per il gran rifiuto al festival di Cannes. Annunciato tra incesti e disturbanti scene di sesso va subito detto invece che la proiezione per gli addetti ai lavori è terminata tra debolissimi applausi e molti, meritatissimi, fischi. Il vero scandalo semmai è poter riferire un lavoro come questo alle opere dello scrittore Georges Bataille, lui sì vero provocatore, sottile chirurgo delle pulsioni umane, filosofo del paradossale e demolitore del "proibito". Bataille fu romanziere, saggista e poeta, uomo morbosamente attratto dalla sacralità della vita, cui assegna un ruolo comunque primario rispetto alle "regole sociali" che governano il mondo. Per chi ne conosce un minimo l'opera, il vero "disturbo", semmai, è proprio questo. Non tanto le presunte scene di sesso tra madre e figlio solo una davvero geniale, nell'esasperato finale o le squallide notti brave della Huppert che si trastulla con qualche occasionale amichetta.   Il film va comunque visto perché diventa, dopo appena venti minuti, il festival del kitsch, dello squallido e uno di quei cult movie di serie B da rivedere con gli amici e ridere a crepapelle. Peccato, perché sprecare una storia così fa male a chi ama il cinema. Ci vuole coraggio ad accettare di girare film come questo e pensare di passarne indenni. Chapeau allora per la Huppert che ormai ci ha abituato a donne disturbate e dissolute e anche per Louis Garrel, al suo secondo ruolo importante dopo The Dreamers. Sulle loro prove c'è poco da dire, i grandi attori risaltano anche quando è debole tutto quello che li circonda.   La storia allora, che debole non è affatto. Un ragazzo poco più che adolescente, che ha passato l'infanzia a idolatrare la madre e a pregare davanti ai crocifissi, si trova d'improvviso a passare del tempo con lei. Rifiutando di essere considerata una sorta di dea per il giovane, la madre decide di rivelarsi per quello che veramente è, una donna per la quale la perversione è diventata peggio di una droga. Una donna marcia, una bestia come lei stessa afferma che nonostante questo desidera essere amata dal figlio proprio perché degradata, ma nello stesso tempo sa che così facendo non può non perderlo.   Decide quindi di portare Pierre con sé, introducendolo nel suo giro perverso. Ma come si avrà modo di capire, per questa donna la perversione non esiste, esistono solo i modi e i tempi per godere della vita assecondando la propria natura. Vedere il figlio in questo universo decadente la eccita terribilmente e solo una briciola di residua moralità la porta infine ad allontanarsi da lui per "salvargli la vita", in teoria, anche se lo dice lei stessa, forse è già troppo tardi. Brava, diremmo, se questa fosse una storia normale. Ma non lo è.   Ecco allora il capolavoro del finale, una scena "forte" come si direbbe in questi casi. Honorè non si fa (e non ci fa) mancare proprio niente, ma Bataille aveva uno stile e un effetto devastante attraverso la parola scritta che le immagini non possono ahimè neppure sfiorare.  
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