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L'Epopea di P.T. Anderson

Il primo giorno di proiezioni in concorso ha riservato subito il film più atteso, quel "There Will Be Blood" che agli Oscar 2008 si è assicurato ben 8 nomination, tra cui quelle per miglior film, regia ed attore protagonista.

Il Petroliere

08.02.2008 - Autore: Adriano Ercolani
Paul Thomas Anderson, che già aveva trionfato a Berlino nel 1999 con il suo capolavoro “Magnolia” (id., 1999), cambia quasi completamente registro rispetto al passato e traduce in immagini il romanzo “Petrolio”, pubblicato da Upton Sinclair nel 1927, testo che racconta dell’ascesa di un minatore a petroliere senza scrupoli, giunto a sacrificare famiglia ed affetti per ottenere in cambio successo e potere. Il regista trasforma questa storia in un’epopea sul mito ambiguo della frontiera americana e soprattutto del self-made man, realizzando una pellicola visivamente poderosa, capace di tradurre in immagini infuocate la brama di successo del suo protagonista Daniel  Plainview (un Daniel Day-Lewis immenso).

Per almeno mezz’ora, quella iniziale, “Il petroliere” (questo ahinoi il titolo scelto per l’uscita nelle nostre sale) si presenta come un lungometraggio di rara forza espressiva, concentrato in immagini che restituiscono la psicologia e l’ostinazione dei personaggi senza che questi abbiano bisogno di parole. Anderson si dimostra un grande compositore di cinema, aiutato dai suoi soliti collaboratori di fiducia, su cui svetta la fotografia densa di Robert Elswitt.

Detto degli enormi pregi del film, va però testimoniato che “There Will Be Blood” possiede purtroppo anche degli evidenti difetti, tutti imputabili all’eccesso di generosità con cui l’autore ha costruito la sua opera sicuramente più ambiziosa. Prima di tutto le musiche di Jonny Grrenwood – componente del gruppo dei Radiohead - risultano in qualche momento enfatiche, e sottolineano con eccessiva evidenza momenti di cinema già di per sé intensi. In secondo luogo la sceneggiatura di Anderson mette davvero molta carne al fuoco, e fino alla fine non riesce a gestire con equilibrio i toni della pellicola, che quando si muove dentro i confini del grottesco perde in forza propositiva.
Anche l’incontro/scontro tra Plainview e il predicatore Eli Sunday (il bravo Paul Dano) viene gestito in maniera tutto sommato precaria, sembra in molti momenti rimanere in secondo piano quando invece rappresenta la dicotomia fondamentale del protagonista, che attraverso il giovane apparentemente invasato in realtà combatte contro la sua anima nera. La raffigurazione della contrapposizione di questi due fanatismi, quello verso il denaro di Plainview e quello religioso di Sunday, avrebbe probabilmente meritato un equilibrio narrativo maggiore.

Potente ma squilibrato, “Il petroliere” è un film destinato a recitare un ruolo di prima importanza sia a questo festival di Berlino che ai prossimi premi Oscar. Il film è senza dubbio maestoso e travolgente in più di una sequenza, ma tutto sommato da un autore come Paul Thomas Anderson ci saremmo aspettati una maggiore compattezza stilistica, soprattutto nella fusione di melodramma e quadro grottesco.