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Inside Llewyn Davis, paura e risate in concorso

Justin Timberlake, Joel e Ethan Coen riportano il sorriso al Festival di Cannes con un film che risuonerà a lungo negli occhi e nel cuore del pubblico

Joel Coen, Ethan Coen

19.05.2013 - Autore: Mattia Pasquini, da Cannes
Il Papa del Greenwich Village è Oscar Isaac nel nuovo film dei fratelli Coen, Inside Llewyn Davis, che finalmente ha fatto tornare il sole sulla Croisette e sul Festival di Cannes, ancora in cerca di un favorito da amare e cui affidarsi... L'abbiamo visto in Agora, Drive, Bourne Legacy, ma prima di fare l'attore il nostro si dilettava come musicista a Miami con i suoi 'Blinking Underdogs'. Probabilmente è grazie a quella esperienza che oggi può dichiarare orgoglioso "si, sono io che canto! Abbiamo registrato tutte le canzoni dal vivo, ed è stata una parte importante del film", anche se l'esperienza è di quelle che "fanno paura", come confermano Carey Mulligan e lo stesso Justin Timberlake, suoi compagni di avventura.
“Io sono sempre spaventato quando canto, lo sono anche adesso”, ha scherzato Justin prima di ricordare il periodo in cui è ambientato il film. “Era un periodo in cui un gruppo di persone costituì una sottocultura precedente alla nascita di un certo tipo di musica folk, un movimento che sperimentava e che per il periodo era in un certo tipo di avanguardia”, “un periodo più puro”, come l’ha descritto Ethan Coen facendogli eco.
“Nessuno si arricchiva... non erano pensabili certi contratti discografici”, ha continuato il regista, che insieme al fratello Joel ha creato Llewyn Davis “da elementi dei musicisti di maggiore successo nel Village di quegli anni”, ma che “rimane un personaggio di finzione, anche se la scena è ricreata con molto realismo”.
E in quella scena i due Coen, seguendo Llewyn, ci riportano, proiettandoci in un mondo lontano, magico a suo modo, popolato di una serie di figure d’altri tempi tra le quali si aggira il nostro eroe, dal “comportamento distruttivo”, come lo descrive il suo stesso interprete. “È questione di sfortuna; non era al posto giusto nel momento giusto, era in cerca di autenticità e non era un carrierista”, ammette Isaac.
Ma forse la colpa non è la sua se davvero “il film non ha avuto una vera trama”, come confessa Joel Coen. “Per questo abbiamo aggiunto il gatto”, continua ridacchiando: “L’intero film ruota intorno al gatto!”. Ma, seriamente, dice: “siamo partiti dalla musica, dal nostro amore per quella musica; e poi eravamo  interessati anche all’intera scena del Village tra gli anni ‘50 e ‘60... Gli anni in cui arrivò Dylan a New York e cambiò l’intero panorama”. Come ci racconta, tra le pieghe, Inside Llewyn Davis: una Bohemian Rhapsody.

Per saperne di più
La recensione del film, dal festival di Cannes
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