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I "Galantuomini" conquistano il Festival

Winspeare convince con il suo melodramma noir interpretato da una Donatella Finocchiaro mai così brava.

Galantuomini - Donatella Finocchiaro

28.10.2008 - Autore: Ludovica Sanfelice
Al Festival del Film di Roma arriva il Salento di Edaordo Winspeare. I bellissimi vicoli di Lecce e le terrazze dove i pomodori si seccano al sole inondano di luce la sala. E' la Puglia bella, limpida e felice dell'infanzia di Fabio, Ignazio (Fabrizio Gifuni) e Lucia (Donatella Finocchiaro). Ma il bagno di sole dura poco. La fotografia sgranata, pastosa e avvolgente di quel tempo perduto in pochi minuti si tinge di toni più freddi quando dal ricordo si scivola nei nerissimi anni Novanta, quelli in cui si afferma la Sacra Corona Unita.

Le strade di quei tre bambini si sono da tempo separate, ma quando Fabio muore si ricongiungono. Ignazio è ormai un sostituto procuratore appena tornato dopo cinque anni passati a Milano e, durante la sua assenza, Lucia ha avuto un figlio da un tipaccio (Beppe Fiorello) del posto ed è diventata il braccio destro di un boss (Giorgio Colangeli) che fa base in Montenegro. E' lei a gestire i traffici di armi e droga, è lei che esercita l'autorità sul territorio al di qua del mare. Fabio ha perso la vita per una partita tagliata male e questo scatena una guerra senza quartiere con la cosca rivale per il controllo del territorio. Le indagini vengono affidate a Ignazio e alla sua collega Laura (Gioia Spaziani). E quest'ultima sarà testimone del cambiamento che investe Ignazio, troppo coinvolto per mantenere la giusta distanza.



La vera anima di “Galantuomini” non è infatti la mafia bensì l'amore disperato e folle che lega Lucia e Ignazio in un melodramma noir sull'eterno conflitto tra ragione e sentimento e sulla perdita irrimediabile dell'innocenza non solo dei protagonisti, ma anche di una terra paradisiaca retrocessa a far-west.



Al livello visivo c'è qualcosa di abusato nell'idillica rappresentazione della Puglia del passato, ma questo è forse l'unico difetto del film e si limita a tre scene. Il resto è una prova di grandissimo carattere. Il carattere di un personaggio femminile capace di alternare fierezza, violenza, istinto materno e femminilità. Il carattere (maiuscolo) di un'interprete, Donatella Finocchiaro, che cattura la macchina da presa con la sua bellezza arcaica e si candida di diritto al premio per la migliore attrice. Il carattere di una scrittura che mescola diversi generi con equilibrio e che si esprime attraverso il ritmo dolente e musicale del dialetto. Il carattere di un finale aperto decisamente indovinato. Il carattere di un regista giovane e pieno di talento che partendo da una latitudine precisa si estende all'universale con un controllo maturo ed elaborato del mezzo cinematografico e una grande capacità di dirigere gli attori.



“Galantuomini” è il quinto film italiano in concorso in questa edizione. Ma è il primo salutato da un applauso meritato.