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Gli occhi di Alì presente e futuro del Paese

L'adolescenza multiculturale della nostra società raccontata in Alì ha gli occhi azzurri. Ne abbiamo parlato con il regista Claudio Giovannesi

Alì ha gli occhi azzurri - Nader Sarhan

09.11.2012 - Autore: Pierpaolo Festa
“Non sono un regista incazzato. Anzi credo di avere uno sguardo molto calmo sui personaggi che racconto. Tendo a non condannarli: sono capace di giustificare qualsiasi comportamento, se onesto e connaturato alla natura del personaggio. Possono fare anche delle cose orribili, ma sono degli adolescenti: dunque qualsiasi cosa facciano, anche la più scorretta, è sempre velata di innocenza”. Così Claudio Giovannesi ribalta la provocazione di Film.it che vuole paragonarlo “allo Spike Lee incazzato di un tempo” per il modo in cui descrive alcuni spaccati multiculturali sul territorio italiano.

Alì ha gli occhi azzurri intervista regista Claudio Giovannesi
Uno scatto di Claudio Giovannesi

L'occasione di parlare con Giovannesi è l'imminente presentazione di Alì ha gli occhi azzurri in Concorso al Festival del Film di Roma. Ancora una volta in una pellicola del trentaquattrenne regista – che sia documentario o lungometraggio di finzione, per lui non fa differenza – vediamo tante culture cercare di coesistere. “Avevo voglia di lavorare sull'adolescenza, non mi importava il tema dell'immigrazione. L'adolescenza di oggi è per forza di cose multiculturale. L'Italia è un Paese arretrato rispetto all'Europa e al resto del mondo. Un Paese che non riesce a capire il valore positivo della multicultura e che si nasconde dietro un'illusione di orgoglio nazionale stupido, medievale. Penso che la multicultura sia un modo di raccontare l'Italia del futuro”.

Claudio hai sviluppato questo film basandoti su una delle tre storie del precedente documentario Fratelli d'Italia...
Sì, era la storia più interessante. Il mio protagonista, Nader, interpreta se stesso: un ragazzo di famiglia egiziana, ma nato a Roma. I suoi genitori sullo schermo sono veri. La sua fidanzata è quella vera. Ho girato quel documentario scoprendo che soltanto dopo Nader era scappato di casa per amore di una ragazza italiana. Un amore vissuto in clandestinità. Non avendolo potuto raccontare in Fratelli d'Italia, è diventato un film in cui scandisco in sette giorni – mattina, pomeriggio e sera – la latitanza di questo adolescente che scappa di casa. Alì ha gli occhi azzurri è una specie di storia di Pinocchio e Lucignolo sviluppata ai giorni nostri.

Quanto secondo te il pubblico italiano è pronto a essere coinvolto in queste tematiche in un momento di isolamento e crisi come quello che stiamo vivendo?  
All'inizio hai fatto il nome di Spike Lee. Il suo Fa la cosa giusta rappresentava l'esigenza del cinema di raccontare i ghetti. Quel film ha più di venti anni. Per noi, invece, questi temi rappresentano elementi nuovi. Non abbiamo avuto un passato coloniale: lo abbiamo avuto fuori tempo e fatto in maniera ancora più stupida. Certamente il colonialismo è un periodo tragico nella storia dell'umanità, eppure ha dato vita a un tessuto sociale molto più ricco. In Italia stiamo indietro di cinquanta anni rispetto a USA e Francia, quindi credo che Alì ha gli occhi azzurri, per quanto riguarda il nostro Paese, sia un film nuovo. Visto altrove – in Paesi dove sono arrivati alla quarta o quinta generazione multiculturale – si tratterebbe di un tema normale e condivisibile.

Alì ha gli occhi azzurri intervista regista Claudio Giovannesi
Il trailer di Alì ha gli occhi azzurri

Esplorare il melting pot degli adolescenti in Italia di sicuro vuol dire anche ritrovarsi in vicoli oscuri per raccontare azioni terribili di questi giovani...
E' stato proprio quello che ho cercato di fare: raccontare questa realtà evitando l'idiozia medievale della tolleranza zero, ma anche contro il buonismo o il paternalismo sulle razze e i popoli. E' una situazione complessa che va raccontata anche senza retorica nella sua scorrettezza.

Abbassiamo un po' il tono impegnato di questa conversazione, chiudendo con la domanda di battaglia di Film.it: Claudio qual era il poster che avevi in camera da ragazzino?
Che Guevara. Ovviamente. Lo so è un po' retorico, ce l'avevo a quindici anni.

Alì ha gli occhi azzurri, in uscita il 15 novembre, è distribuito dalla BIM.