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Cannes: il checkout spirituale di Jerry Lewis

Il toccante incontro con l'ottantasettenne attore che al Festival presenta Max Rose, testamento artistico di un uomo straordinario

Jerry Lewis

23.05.2013 - Autore: Pierpaolo Festa, da Cannes
Gli americani hanno una bizzarra tradizione che qualche volta abbiamo anche visto al cinema. Un'usanza che fa accapponare la pelle a noi del Vecchio Continente, la stessa sensazione che si prova durante la visione di Max Rose, uno degli eventi speciali di Cannes 66. Un funerale da vivo. Quello di Jerry Lewis.

Da una parte si riconosce un modo schietto di raccontare la solitudine di un ultraottantenne rimasto vedovo, a cui non resta altro che lasciarsi andare - un tema verso il quale Hollywood nel corso degli anni ha avuto tanta paura. Questa volta siamo all'opposto di pellicole come Non è mai troppo tardi. Questa volta si assiste a un checkout spirituale: una preparazione verso la destinazione finale alla quale occorre arrivare senza rimpianti né altri pesi. Se per ottanta minuti il film secerne questa orribile sensazione che si tratti del canto del cigno di Jerry Lewis - le cui vere immagini di repertorio scorrono insieme ai titoli di coda confondendo il personaggio fittizio con l'icona - bastano quaranta minuti in compagnia dell'attore alla conferenza stampa di Cannes per cancellare ogni oscurità e godersi uno degli eventi più interessanti di questo Festival.

"Questo era il copione migliore che ho letto negli ultimi quaranta anni - afferma Jerry Lewis con decisione, per poi tirare il suo gancio destro di humour e aggiungere - Quando mi hanno offerto tre milioni, allora tutto era perfetto".  Il grande Jerry definisce il film "una storia sugli anziani che vengono gettati via". Lo chiama "feel good movie" e rivela che si è trattata della prima volta in cui ha dovuto recitare, allontanando il più possibile l'immagine classica dei suoi personaggi: "Il regista diceva che dovevo buttare fuori dal set le tracce del folle Jerry. Ho fatto un'unica cosa per sessanta anni e finalmente mi chiedono di fare qualcosa di diverso". A chi gli ricorda il capolavoro Re per una notte - in cui è stato diretto da Scorsese - risponde: "Anche lì dovevo fare un ruolo simile alla versione esagerata di me stesso. Questa volta vedrete Jerry Lewis l'attore". 

La sua grande forza e il suo genio comico si manifestano definitivamente nel momento in cui qualcuno gli chiede del suo legame con Dean Martin. Chi scrive ricorda ancora la depressione scolpita sul volto di Lewis quel Natale di diciassette anni fa, davanti all'ospedale in cui l'amico "Dino" era appena morto. Oggi Lewis è in grado di ridere anche di questo a colpi di humour nero: "Volete sapere di Dean? Be', lui è morto". In quel momento la sala esplode in una risata macabra e un applauso, Lewis avvicina il microfono alla bocca per continuare il suo discorso, ma lascia stare. I suoi occhi emozionati, però, dicono tutto.

 

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