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Cannes: Ichimei - La recensione

Takashi Miike in concorso a Cannes con un tragico melodramma in costume. Noia estetizzante e vacua

Ichimei

21.05.2011 - Autore: Alessandro De Simone
Giappone del 1600. Tra i samurai in disgrazia inizia a circolare un metodo per impietosire i signori della guerra e mettere insieme qualche soldo: chiedere l’imbarazzante favore di poter compiere il suicidio rituale nella loro dimora. Ovviamente tutti si rifiutano e per non perdere la faccia offrono una piccola somma al samurai. Tutti tranne uno, che rigidamente pretende che la figura del samurai non venga infangata da questi inganni.

Da questo assunto parte "Ichimei", ultimo film di Takashi Miike che già a Venezia si era dilettato a esplorare il mondo dell’antico Giappone con "13 assassini" e che qui a Cannes ci riprova sempre in concorso, con un tragico melodramma iperestetizzante. Un Miike lontano dal suo cinema abituale, quindi, e che questa volta sbaglia tutto, realizzando un film che nel suo programmatico gusto elegiaco si crogiola fino al parossismo, risultando alla fine noiosissimo e pesante. Anche visivamente le cose non vanno molto meglio, paradossalmente proprio a causa della continua ricerca della composizione perfetta nell’inquadratura, scelta che appesantisce ulteriormente la già difficile visione.

Ma la cosa che lascia davvero sorpresi è l’assoluta mancanza di una qualsivoglia tesi finale nel film, estremamente confuso tra onore e vendetta. Ultima annotazione: per ragioni non pervenute Miike ha girato in 3D. Se si continuerà a usare questa tecnologia per il puro gusto di farlo e senza una visione precisa, ne verrà ben presto decretata la morte.


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