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Diane Kruger: La mia Maria Antonietta border-line

L'ex musa di Tarantino apre la sessantaduesima Berlinale con "Les Adieux à la Reine"

Farewell, My Queen - Diane Kruger

09.02.2012 - Autore: Pierpaolo Festa, nostro inviato al Festival di Berlino
Quando ci si siede nelle prime file della sala conferenze dell’Hotel Hyatt, nei pressi di Potsdamer Platz, è così che funziona: partono gli applausi dal fondo della sala, mentre la visuale rimane ostruita da una ventina di fotografi che continuano urlare a squarciagola i nomi di Diane Kruger, Léa Seydoux e Virginie Ledoyen. Improvvisamente la visibilità torna al cento per cento e ci ritroviamo davanti alle tre protagoniste di “Les Adieux à la Reine”, film di apertura della sessantaduesima Berlinale.

Diane Kruger intervista Les Adieux à la Reine - Diane Kruger a Berlino

In attesa di intervistare nei prossimi giorni la rising star Seydoux (l’abbiamo appena vista in “Midnight in Paris” e “Mission: Impossible – Protocollo fantasma”), ci soffermiamo soprattutto sulla stella Diane Kruger, ex “musa bastarda” di Quentin Tarantino, qui nelle vesti di Marie Antoinette in persona. Un ruolo che definire complicato sarebbe un eufemismo: “Questo film è ambientato nei giorni di fuoco della Rivoluzione – racconta l’attrice – Mi sono lasciata guidare dal regista Benoit Jacquot: è alquanto insolito trovare un uomo che sia in grado di entrare così in profondità nell’animo di una donna. Benoit era interessato a esplorare il lato border-line di Marie Antoinette”. L’attrice non ha dubbi: “Questo è stato il ruolo più difficile della mia carriera. Sono migliaia le opinioni che la gente si è fatta su questa figura storica. Alcuni la vedono solo come party girl, altri come pessima regina. Io ho cercato di non giudicarla”.

Diane Kruger intervista Les Adieux à la Reine - La Kruger con Virginie Ledoyen

“Il nostro obiettivo principale – afferma il regista Jacquot – era raccontare una storia che, sebbene ambientata in un passato distante, fosse il più attuale possibile. Filmare il tutto in digitale mi ha anche permesso di rendere i personaggi ancora più reali. Quasi come se li toccassimo. Molti di quelli che fanno il mio mestiere sono ancora nostalgici e non vogliono passare al digitale. Per me continuare a girare su pellicola è come utilizzare i cavalli nell’era delle automobili”.

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