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Cinema, musica e leggenda: Springsteen a Roma

Il Boss arriva all'Auditorium per presentare il documentario The Promise, una preziosa testimonianza sulla realizzazione di Darkness on the Edge of Town. Noi c'eravamo...

Darkness on the Edge of Town - Bruce Springsteen

04.11.2010 - Autore: Pierpaolo Festa
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“Dopo quanto avete visto, spero abbiate capito che io ho un lato ossessivo compulsivo” – Sono queste le parole del Boss davanti a centinaia di persone accorse per partecipare al main event del Festival del Film di Roma. “Una serata leggendaria” – come annuncia Mario Sesti, curatore della sezione Extra – L’altro cinema, quella che ieri sera ha presentato “The Promise: The Making of Darkness on the Edge of Town”, documentario diretto da Thom Zimmy. Il regista che ha raccolto tutti i film amatoriali realizzati durante l’incisione di quello che è uno degli album chiave di Bruce Springsteen. “Prima ho fatto 'Born to Run', poi venne 'Darkness' – afferma The  Boss – questi due dischi rappresentano il fulcro della mia musica e i percorsi che ho continuato a seguire nel corso degli anni futuri”.

La sala Sinopoli dell’Auditorium è popolata da giornalisti, vip come Carlo Verdone e Pino Daniele, ma anche dai devoti fan che arrivano da tutta Italia pur di presenziare davanti al loro idolo, colui che riempie gli stadi creando un mondo intero con le sue note e con chi lo sta a guardare. Bruce arriva e la gente si stringe a lui, mostrando vinili di Born in the USA, biografie, CD, ma anche chitarre da farsi autografare. Ma nel caos più totale le guardie del corpo lo circondano facendosi spazio tra la folla a passo veloce.

Ha inizio la proiezione, il documentario è composto da interviste recenti in cui il Boss e la E-Street Band (compreso il compianto Danny Federici che a ogni inquadratura riceve un applauso in platea) spiegano l’importanza di quell’album e quanto sia stato quasi impossibile completarlo. Dal colore si passa al bianco e nero ed ecco Springsteen con trent’anni di meno pronto a suonare classici come "The Promised Land", "Badlands" e "Racin’ in the Street" senza mai essere troppo soddisfatto. Al suo fianco ci sono gli angeli custodi Jon Landau e naturalmente Little Steven, pronti a discutere per ore e ore sul sound giusto da trovare per il disco. E intanto Bruce cerca di mettere tutti d’accordo, si arrabbia chiedendo silenzio ma soprattutto apre il suo quaderno magico dove continua a scrivere appunti, note e versi alternativi per nuovi brani dell’album. Era in quel momento che si faceva la storia del rock: anni prima i protagonisti di “Born to Run” erano fuggiti senza mai guardarsi indietro, ma era arrivata l’ora di fermarsi e capire dove si trovavano e come fare ad andare avanti. In sala di registrazione la E-Street Band incise circa settanta brani da cui ne furono scelti solo dieci.

Le luci si riaccendono sotto una pioggia di applausi e il Boss siede sul palco: “Prenderò la chitarra la prossima volta” - afferma . A differenza di quando è in concerto, Bruce è un uomo di poche parole, ma ognuna di queste ha un suo peso spirituale: “Io e la band avevamo un istinto messianico del nostro lavoro. Ci dicevamo: ‘questo disco salverà il mondo’. Diventando adulti si devono anche fare dei compromessi con il mondo, ma sulle cose essenziali no”.


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