
L’adulterio è da sempre uno degli elementi narrativi più utilizzati dal cinema, ma molto spesso viene inserito all’interno di contesti più ampi o giustificato come una via di fuga da altri tipi di problemi. Soldini decide invece di soffermarsi su come questi incontri fugaci entrino nella quotidianità di persone comuni. Uomini e donne con problemi economici, con una famiglia ancora da definire, con amici e parenti credibili e non semplici macchiette.

Il più grande merito del cinema di Soldini risiede proprio in questo: il suo è sempre un mondo reale, un posto dove bisogna comporre un codice per citofonare al vicino, in cui i motel si trovano fuori città e pretendono il pagamento anticipato, i genitori parlano con realismo e non c’è bisogno di scene emblematiche (stona giusto la scena del quadro messo di traverso) per capire dove stanno andando i personaggi. E’ per questo che si seguono due ore e dieci di pellicola senza stancarsi troppo, nonostante dopotutto, non accada poi molto. Attraverso un avvicinamento graduale, si entra davvero nelle vite dei protagonisti, nei loro pensieri, in quella voglia ogni tanto di fuggire senza una reale ragione, solo perché ci si sente di farlo. Siamo eterni insoddisfatti, abbiamo bisogno continuamente di sentirci vivi attraverso un’emozione in divenire. "Cosa vogliamo di più", rispetto a ciò che abbiamo già?

Forse si poteva accorciare un po’ (centodieci minuti di pellicola su un tradimento sono un po' esagerati), ma il difetto si perde all’interno di un merito più alto. “Giorni e nuvole”, il precedente film di Soldini, aveva una forza drammatica superiore ed in questo senso si potrebbe parlare di passo indietro, ma ci si trova di fronte ad un lavoro che non si può bocciare solo per questo. Bravissimi Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher e da segnalare sono le loro scene di sesso: tra le migliori offerte dal cinema italiano da anni.