NOTIZIE

Apocalissi su "La strada"

Venezia 66: abbiamo visto The Road. Il film tratto dal libro premio Pulitzer di McCarthy è un'opera intensa e disperata.

The Road

03.09.2009 - Autore: Andrea D'Addio
Il cinema americano da qualche anno si confronta con l’idea di un mondo senza più persone. Dallo splendido “I figli degli uomini” a “Io sono leggenda”, passando per “The Mist”, “E venne il giorno”, “Wall-E”, nonché con quel “Segnali dal futuro” attualmente nelle sale: il tema è caldo e il cinema, purtroppo, spesso con le predizioni sul futuro ci prende. L’11 Settembre, il surriscaldamento globale, la recente crisi economica hanno paventato l’incubo di una Terra non più abitata. Sono queste le premesse da cui è partito Cormac McCarthy per scrivere nel 2006 l’apocalisse narrata in “La strada”: nel suo libro non c’è nessun accenno palese alla politica di Bush o dalle colpe degli uomini, incapaci di preservare il proprio habitat, ma la non spiegazione significa sottintenderle tutte. 

La versione cinematografica del premio Pulitzer 2007, è tanto fedele quanto lancinante. Un padre, un figlio e un mondo di cui già sono stati scritti nove decimi dell’epitaffio. Grigio è il cielo, grigi sono gli alberi che cadono secchi a terra come foglie d’autunno, grigio è il mare non più simbolo di viaggio, ma quieto e austero cimitero di sogni. Niente più cibo: gli uomini mangiano gli uomini e quando non c’è scampo, meglio uccidersi che rischiare di diventare carne da macello tenuta in vita perché ingrassi (senza però, all’occorrenza, un arto o una parte di petto). Tutti contro tutti, mors tua vita mea. Si corre verso sud: l’inverno al nord è gelido, l’unico mezzo per muoversi sono le proprie gambe e continuare a vagare è il solo modo per mantenere viva la speranza di rimanere in vita. In condizioni del genere, è possibile dare ancora un significato alla parola “umanità”? Si può riuscire a mantenere accesso “il fuoco”?

John Hillcoat, il regista di “The Road”, segue fedelmente il libro, riuscendo a ritrarre con la giusta desolazione un pianeta alla deriva. Nessuna spettacolarizzazione: le vaste e articolate scenografie sono tanto presenti quanto necessarie, la suspanse della caccia all’uomo (di cui i due protagonisti sono la preda) è tanto ricca di adrenalina, quanto drammatica e lancinante. Si può dire che “The Road” è un film bellissimo perché fa stare male? No, lo è perché all’interno di una situazione non immaginabile (ma non impossibile) riesce a descrivere e a far vivere emozioni più che mai umane. Scava dentro l’uomo rendendolo nudo di fronte alle sue vere priorità, e questo senza ricorrere a scene emblematiche, evitando dialoghi troppo esplicativi, ma ricorrendo solo alle immagini e al semplice racconto.

La bravura di Hillcoat e di chi lo ha affiancato nel casting è anche nella scelta dei suoi attori: serviva la bellezza angelica di Charlize Theron per riuscire, in poche scene, a ricordare quanto fosse bello il passato; era necessaria la fisicità di Viggo Mortensen per interpretare un padre tanto solo e disperato, quanto felice di avere ancora uno scopo nella propria vita: essere genitore. Grande cinema.