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Hostel

Eli Roth, dopo "Cabin Fever" dimostra di essere uno dei talenti visivi più affascinanti che si sono accostati all'horror americano negli ultimi tempi, tanto che Quentin Tarantino, uno dei produttori del film, lo definisce 'il futuro dell'horror'

Hostel

19.05.2009 - Autore: Giulio Frafuso
Id., Usa, 2006.
Di Eli Roth
con Jay Hernandez, Derek Richardson, Eythor Gudjonsson, Barbara Nedeljakova, Rick Hoffman

Paxton (Jay Hernandez) e Josh (Derek Richardson) sono due amici americani che hanno deciso di compiere un viaggio nell’Europa dell’est in cerca di “emozioni forti”. Un ragazzo conosciuto durante la vacanza consiglia loro di recarsi a Bratislava, dove si trova un ostello rinomato per essere frequentato da ragazze bellissime e soprattutto “facili”.

Giunti nella cittadina, i due accompagnati da Oli (Eythor Gudjonsson) trovano senza troppe difficoltà l’ostello, e si accorgono immediatamente che le loro più fervide speranze sono assolutamente legittime: i due fanno infatti amicizia con Natalya (Barbara Nedeljakova) e Svetlana (Jana Kaderabkova), che prima li portano in giro per locali e discoteche, e poi dimostrano loro il reciproco interesse. Tutto sembra perfetto per i ragazzi, ma quando Josh improvvisamente scompare Paxton inizia a cercarlo, e nell’indagine si accorge che tutto quello che ha visto negli ultimi giorni nasconde in realtà un orribile segreto…

Dimenticatevi tutti i teenage horror patinati e semplicistici che avete visto negli ultimi anni: questo disturbante “Hostel” rappresenta una pellicola che vuole sfruttare tutti gli stilemi del genere per ribaltarne però la visione retorica e univoca. In questo caso ci troviamo di fronte ad un’opera di complessa lettura, che tende a disorientare lo spettatore invece di proporgli un spettacolo semplice e conciliatorio. I film si divide in due tronconi ben distinti, funzionali al ribaltamento di prospettiva: se all’inizio “Hostel” sembra voler proporre una storiella leggera e vagamente civettuola, è soltanto per  poter poi bersagliare il pubblico con una seconda parte tesissima, in cui il gore e la potenza della messa in scena non permettono assolutamente pause o rilassamenti.
Costruito su questo  doppio binario, il film rappresenta una delle più intense ed interessanti variazioni sul genere viste negli ultimi tempi: claustrofobico, violentissimo al limite della sopportazione, questo lungometraggio non da però mai l’impressione di essere gratuito nella forza della propria messa in scena. Per tutta la durata della pellicola infatti scorre preciso un sottotesto che sembra essere fortemente ideologico, in quanto getta numerose ombre sugli effetti “deviati” dell’apertura al capitalismo di matrice occidentale.
Eli Roth, dopo lo stuzzicante “Cabin Fever” (id., 2002) dimostra di essere uno dei talenti visivi più affascinanti che si sono accostati all’horror americano negli ultimi tempi, tanto che Quentin Tarantino, uno dei produttori del film, lo definisce ‘il futuro dell’horror’.
La sua idea di messa in scena non sembra voler risparmiare o lasciar nulla all’immaginazione, ma possiede una forza espressiva che non va sottovalutata. Nel caso di “Hostel” il risultato è tanto delirante quanto apprezzabile: il cineasta ha realizzato una pellicola di sicuro impatto visivo, scavalcando le semplici -  forse un po’ atrofizzate - regole del genere facendolo esplodere dal suo interno. Cinema che colpisce duro.


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