Biennale Venezia 2013
NOTIZIE

Joe - La nostra recensione

Un Nicolas Cage in grande spolvero per questo dramma indie in concorso a Venezia

Joe - Tye Sheridan, Nicolas Cage

31.08.2013 - Autore: Marco Triolo
Qui l'incontro stampa con Nicolas Cage e David Gordon Green, protagonista e regista di Joe.

Lunga barba grigia, tatuaggi, sguardo sofferente che nasconde un oceano di sensazioni e umori contrastanti, repressi in una quotidianità all'apparenza "normale". Questo è Nicolas Cage in Joe, il nuovo film di David Gordon Green che si allontana un bel po' dalle commedie stoner da lui dirette negli ultimi anni, come Strafumati e Your Highness. Si torna ancora una volta nella provincia americana, ma i toni passano dalla commedia al dramma più cupo. Sullo sfondo di Joe, c'è un'America periferica fatta di lavori precari, case in rovina e tanta, troppa violenza.

Il plot, basato su un romanzo di Larry Brown e simile per certi versi a quello di Gran Torino di Clint Eastwood (al punto da farci chiedere se Eastwood abbia letto il libro), racconta del rapporto tra Joe, un uomo di mezza età con un passato burrascoso che per lavoro avvelena alberi da abbattere, e Gary (l'ottimo Tye Sheridan, visto in The Tree of Life), un adolescente con padre violento che cerca di provvedere per la sua famiglia. Joe lo prende sotto la sua ala, gli fa da padre e gli insegna a vivere, cercando così redenzione per il dolore da lui provocato agli altri nel corso della sua vita.

Il film inizia benissimo, con un superbo montaggio che ci fa credere che in realtà il personaggio di Tye Sheridan sia Joe da giovane, e che le scene in cui appare siano dei flashback. Non è così, ma in questo modo capiamo da subito come i destini di Joe e Gary siano legati e come i due siano in fondo identici. Molto efficaci, anche se un po' scontate, le metafore sulla morte e la ricrescita della natura, saldamente legata all'arco di crescita e caduta dell'Uomo. Nicolas Cage, poi, regala una di quelle interpretazioni che ti fanno ricordare come mai sia considerato una star del cinema, anche se spesso fa il minimo indispensabile in troppi film. Qui è un vero orso, enorme (ha fatto palestra per prepararsi al ruolo), burbero, silenziosamente violento. Ma infine lascia trasparire il suo lato eroico e ci sono ben pochi attori in grado di rendere questi due estremi di una personalità in maniera credibile.

Purtroppo non tutto è allo stesso livello: in parte per colpa della sceneggiatura del poco conosciuto Gary Hawkins, professore e regista di documentari indipendenti, che potrebbe essersi fatto influenzare troppo dal già citato Gran Torino nell'adattare il testo di Brown. La storia stenta a decollare davvero e gongola un po' troppo nel mostrare realtà disastrata dopo realtà disastrata, male di vivere variamente assortito, brutti ceffi, poveracci e quant'altro. Sembra una vetrina dei lati più difficili dell'America compressi in un'unica pillola da somministrare ai fanatici del Sundance.

Fortuna che almeno Cage e Sheridan tengono in piedi la baracca, insieme a un altro interprete straordinario: Gary Poulter, attore non professionista, purtroppo deceduto subito dopo la fine delle riprese, che qui interpreta il padre di Gary. Poulter, un barbone che viveva per le strade di Austin ed è stato scoperto per caso dal regista, riesce nell'impresa di farci amare un personaggio repellente, di farci provare pena per il suo alcolismo e la sua innata capacità di mandare sempre tutto in malora.

In definitiva, Joe è un film non esente da problemi, ma se state cercando il Nicolas Cage di un tempo qui lo troverete.

Film.it è come ogni anno in prima linea alla Mostra del Cinema di Venezia. Per leggere news, recensioni e interviste o per guardare le foto dal festival, non perdete il nostro speciale.