Festival di Roma 2013
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Festival di Roma: la ricerca di un'identità

Da Festa a Festival Internazionale, l'evoluzione della rassegna romana

Festival di Roma 2013

07.11.2013 - Autore: Marco Triolo
Nasce come una “festa” ma in breve diventa un “festival”. E lotta per la sua identità nel marasma delle rassegne cinematografiche italiane. Il Festival Internazionale del Film di Roma, dopo tutto, arriva tardi nel panorama nazionale e si trova a fronteggiare una serie di realtà già ben affermate. Parliamo ovviamente della Mostra di Venezia, ma non solo: ci sono anche il Torino Film Festival, con particolare attenzione a opere prime e indipendenti, il Far East Film Festival di Udine, il Science+Fiction di Trieste e il Courmayeur Noir in Festival, tanto per citarne alcuni. Tutti medio-piccoli, tutti con una chiave di lettura unica sul cinema. In tutto questo, il Festival di Roma che ruolo ricopre?


Hunger Games: La ragazza di fuoco - Grande anteprima del Festival di Roma 2013.

È una domanda che devono essersi fatti molte volte gli organizzatori, in questi otto anni, sin da quando la Festa del cinema nasce nel 2006 sotto l'egida del sindaco Veltroni. In realtà, già il termine “festa” è indicativo del tono leggero con cui si intende approcciare la materia e dell'intenzione di organizzare qualcosa di fresco, giovane, più improntato sul glamour e l'eleganza del red carpet che su un concorso rigoroso come quello di Venezia. La conseguenza principale di questa impostazione è che i film presentati fuori concorso e negli eventi speciali (The Prestige, The Departed, Into the Wild, Un'altra giovinezza, Onora il padre e la madre) sono ben più interessanti di quelli in concorso. La prospettiva viene comunque ribaltata sotto il sindaco Alemanno e il nuovo direttore della Fondazione Cinema per Roma, Gian Luigi Rondi. La Festa diventa, come dicevamo, Festival Internazionale.


Tra le nuvole: uno dei film migliori visti al Festival.

Il cambiamento si ha con la terza edizione del 2008, la cui direzione artistica è coordinata da Piera Detassis. Per la verità, la sostanza non varia poi molto: in concorso ci sono titoli come Un matrimonio all'inglese, Pride and Glory, fuori concorso La banda Baader Meinhof, in anteprima Twilight. Un programma leggerino. Le edizioni che seguono, 2009, 2010 e 2011, si assestano sul modello di un festival generalista che inglobi una serie di anteprime importanti (tanti americani, come Tra le nuvole, Julie & Julia, A Serious Man, I ragazzi stanno bene, Blood Story, Le avventure di Tintin) e, solo a contorno, un concorso i cui premi sono forse la cosa meno interessante.

Il passo successivo avviene nel 2012, quando Paolo Ferrari, succeduto a Rondi, nomina Marco Müller nuovo direttore artistico. È chiaro lo scopo di Ferrari e della Fondazione: via il tono disimpegnato, ora è tempo di fare sul serio. E di sfidare, se non Venezia, per lo meno Torino (da qui il cambio di date, da fine ottobre a metà novembre), presentando un programma ricco di grandi anteprime sia di autori affermati che di esordienti o giovani registi. Müller porta a Roma il suo metodo di lavoro, la sua attenzione al cinema asiatico, crea una sezione dedicata al cinema italiano emergente – Prospettive Italia, che ricorda tanto da vicino la sezione Orizzonti di Venezia. Nonostante l'aria di rinnovamento, Müller paga il poco tempo avuto per organizzare: mancano sia le grosse anteprime, sia film d'autore degni di questo nome.



Il 2013 sarà dunque la prova del fuoco Müller e il nuovo corso del Festival di Roma. Questa volta, il direttore ha avuto tutto il tempo per mettere insieme un programma come si deve. In concorso i grossi nomi non mancano – Her di Spike Jonze, Dallas Buyers Club con un Matthew McConaughey favorito agli Oscar – e neppure fuori concorso, dove abbiamo Snowpiercer di Bong Joon-ho, The Green Inferno di Eli Roth, Hunger Games: La ragazza di fuoco. E poi Alex de la Iglesia, Tsui Hark, Davide Ferrario. A otto anni dalla sua nascita, il Festival di Roma è finalmente pronto a far sentire la sua voce al mondo.