Festival di Roma 2013
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Gods Behaving Badly - La nostra recensione

Un ottimo cast per una storia di dei capricciosi troppo blanda per convincere

Gods Behaving Badly

13.11.2013 - Autore: Marco Triolo
L'idea delle divinità dimenticate dalla gente, che hanno perso i poteri e vivono (quasi) come comuni mortali in una moderna metropoli, non è assolutamente nuova. Douglas Adams l'ha esplorata in La lunga oscura pausa caffè dell'anima e Neil Gaiman ne ha fatto una dei pilastri della sua produzione, da Sandman e Gli Eterni, passando ovviamente per il romanzo American Gods.
 
Marc Turtletaub prende dunque spunto da una genia di storie che generalmente funzionano e ne fa un film che si sgonfia come un palloncino. Le trovate divertenti non mancano, gli attori sono piuttosto in parte e si divertono, alcune idee visive e di sceneggiatura funzionano. Ma in generale si ha l'impressione che il concetto degli Dei greci nella Manhattan di oggi avrebbe potuto essere sfruttato meglio.
 
La trama di Gods Behaving Badly ruota intorno a due "mortali", Neil (Ebon Moss-Bachrach) e Kate (Alicia Silverstone), innamorati un po' impacciati che non sanno confessarsi i propri sentimenti. La loro "amicizia" si trascina finché un giorno Apollo (Oliver Platt) non si innamora perdutamente di Kate a causa di una freccia scoccata da Eros (Gideon Glick), mettendo così in moto una serie di eventi catastrofici a cui Neil sarà chiamato a porre rimedio, insegnando agli Dei che, dopo tutto, hanno bisogno degli umani come gli umani di loro.
 
Christopher Walken interpreta un recluso Zeus, John Turturro il suo ostile e invidioso fratello Hades e Sharon Stone la dea dell'amore Afrodite. Un cast di tutto rispetto, ma i dialoghi non sono abbastanza brillanti per valorizzarlo, e le situazioni non raggiungono mai quel tanto di grottesco in più che darebbe una spinta al divertimento - come accade nei libri di Adams, tanto per dire. Pare quasi che il regista (e sceneggiatore) abbia disposto tutti gli elementi, creando un'ottima premessa, e a un certo punto si sia spaventato, chiudendo tutto in maniera canonica e senza osare minimamente.
 
Rimangono alcuni bei momenti - tutta la sequenza in Ade, con un divertito Turturro che gioca a fare il tiranno bisognoso d'amore e la scoperta riguardante il fiume Stige - ma è un po' troppo poco per imprimere questo docile indie nella memoria.

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