Festival del cinema noir 2013
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Courmayeur, Tarantino e il cinema italiano che apre le porte al noir

A colloquio con Giorgio Gosetti, direttore del Noir in Festival

09.12.2013 - Autore: Pierpaolo Festa
Era il 1992 e Giorgio Gosetti co-direttore del Courmayeur Noir in Festival aveva appena visionato a Cannes un film intitolato Le iene. “Quentin Tarantino lo presentò in una proiezione di mezzanotte. Ci siamo innamorati di quel film e da quel momento abbiamo cominciato a dare la caccia a quel giovanotto che lo aveva diretto. All'epoca Quentin viveva ad Amsterdam e rintracciare il suo indirizzo è stata un'impresa. Non esistevano i cellulari ma lui aveva comunque una casella postale. Eravamo certi che avremmo proiettato il film, ma Quentin non riuscivamo a contattarlo. Finché una mattina si è presentato a Viareggio, dove il Festival ha avuto luogo per i primi anni, saltellando con uno zaino in spalla!”.


Quentin Tarantino in Le iene

All'epoca Tarantino non aveva nemmeno trenta anni. Cosa ricorda di lui in quel momento?
Fu un colpo di scena. Improvvisamente era sbucato fuori dopo mesi di silenzio. Ed era pazzo di gioa all'idea di partecipare al Festival, perché quell'anno presentavamo una retrospettiva su Jules Dassin, uno dei padri del noir. Avevamo tra gli ospiti anche il grande Krzysztof Kie?lowski. Quentin era tra noi e si sentiva come un ragazzino in un negozio di giocattoli. All'epoca il Noir in Festival gli assegnò un premio speciale di cui siamo molto fieri: avevamo già intuito che sarebbe diventato un grande regista.

A Courmayeur si celebra un genere particolare in tante declinazioni culturali. Qual è stata la scommessa nell'assemblare questo vostro Festival?
Questo nostro Festival non è Cannes, né Venezia, né Berlino. Quelli sono grandi eventi che traggono forza dalla loro immutabilità. Eppure il Courmayeur Noir in Festival possiede un mix di cinema, letteratura, giornalismo, ricerca e pensiero che non ha imitazioni in giro. Perché è vero che ci sono tantissime manifestazioni in campo letterario importanti, ma questo strano mix di elementi non sempre funziona altrove.


Giorgio Gosetti, co-direttore del Courmayeur Noir in Festival insieme a Marina Fabbri

Secondo la sua esperienza negli anni, quanto il cinema italiano ha aperto le porte al noir?
Già dieci anni fa abbiamo organizzato un evento il cui scopo era sviscerare la questione: perché nella tradizione italiana i tantissimi film vicini al genere non sono mai stati conosciuti come noir? Oliver Stone non si offenderebbe mai se dicessi che il suo JFK è un noir: un film politico, impegnato, testimoniale ma con tutti i meccanismi del genere. Gli italiani, invece, si sono sempre un po' offesi. Credo che Visconti non abbia mai messo in conto che Ossessione potesse essere considerato tra i capostipiti del noir italiano. Nessuno ci ha mai pensato però. Consideriamo anche Antonioni che ha debuttato con un vero film noir, Cronaca di un amore, tratto da un fatto di cronaca. Lo stesso discorso vale anche per il cinema di Francesco Rosi: alcuni dei suoi film sono i più strepitosi esempi di quel noir politico che gli americani hanno cercato di fare, e che dovremmo coccolarci come un bene prezioso. Questo però è un fenomeno che gli italiani hanno invece trattato solo a filoni. Dal lavoro di Francesco Rosi è venuto fuori il filone del cinema impegnato su storie criminali. Dal cinema artigianale di Bava e Freda è venuto fuori il filone che i francesi chiamano il giallo (per noi horror). Si parla di poliziottesco e poi anche il cinema di mafia. Mai di noir.  

Oggi è ancora così oppure le cose sono cambiate. Dove sta andando il cinema italiano quando non produce commedia e dramma?
Le cose sono cambiate in termini di attitudine degli autori. Gli autori giovani italiani hanno spesso dei riferimenti che vanno da The Blair Witch Project a Tarantino. Non si pensa tanto Tomas Milian o Maurizio Merli. Negli ultimi anni però il pubblico ha dimostrato di premiare delle operazioni del genere: La ragazza del lago è un esempio di film ben fatto che il pubblico ha accettato. Non va sempre così. A Courmayeur abbiamo provato a riunire scrittori, giornalisti di inchiesta, registi, produttori e sceneggiatori, e li abbiamo stimolati chiedendo loro: perché non fate tesoro delle esperienze comuni e lavorate su dei nuovi progetti? Talvolta i progetti nascono anche così. Noi mettiamo a disposizione questa nostra piattaforma.

In Concorso troviamo anche alcuni noir italiani. Quanto il genere sta ricominciando a carburare  anche nel nostro cinema?
Certamente non è più un genere ignorato. Anzi, mi sembra che possiamo cominciare a pensare e orientare questo discorso così come è accaduto in letteratura con un ciclo composto da “diffidenza esplosione e abuso dei codici del genere”. Oggi in letteratura c'è comunque un buon equilibrio, l'augurio è quello di farlo accadere anche al cinema.



La nostra ultima domanda è quella di battaglia. Siamo curiosi di chiedere al direttore di un festival qual era il poster che aveva in camera da ragazzino...
(ride) La mia mamma non mi avrebbe mai permesso di avere un poster in camera da letto! Se lo avessi avuto, però, sarebbe stato quello de Il buono il brutto e il cattivo!

Il XXIII Noir in Festival aprirà i battenti dal 10 dicembre. Film.it, WEB Partner del Festival, sarà in prima linea per raccontarvi i film, gli eventi e i dietro le quinte da Courmayeur, dove incontreremo anche tutti gli ospiti in arrivo!
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