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Intervista a Susanne Bier

Abbiamo incontrato la regista danese nella capitale in occasione della presentazione di Noi due sconosciuti. Ci ha parlato del suo debutto sotto i riflettori di Hollywood alle prese con la follia dell'entourage, ma circondata da magnifici attori.

Noi Due Sconosciuti

05.06.2008 - Autore: Pierpaolo Festa
Signora Bier, ci parli del lavoro che gli attori hanno fatto sul loro fisico: la Berry appare quasi sempre senza trucco, mentre Del Toro nell’interpretare un tossicomane sembra non abbia dormito per tanto tempo…
Halle è quasi sempre senza trucco. Ne abbiamo parlato da prima che accettasse che questa parte: il personaggio è quello di una donna distrutta dal dolore e avrebbe implicato l’uso di pochissimo trucco. Lei, però, ha accettato di buon grado. Benicio è un grandissimo attore, probabilmente è vero, non avrà dormito affatto, ma se riesci in pieno a calarti nella parte allora provi davvero quei sentimenti e cominci a mostrarlo fisicamente. Quando siamo di cattivo umore sembriamo dieci anni più vecchi, Benicio è stato straordinario!

Lei è madre? Se sì quanto questo ha influenzato il rapporto che Halle Berry ha nel film con i suoi due bambini?
Beh, io ho un figlio di diciotto anni e questo ha avuto tantissima influenza. Con Halle Berry abbiamo discusso come si comporta una madre, ai tempi nemmeno lei aveva figli. Spesso molte attrici che non hanno figli hanno la tendenza ad interpretare la mamma in maniera glamour. In una scena del film lei strilla ai figli, Halle non ci credeva. A volte i bambini possono essere così irritanti che puoi solo urlargli. Subito dopo li abbracci e questa è la natura delle cose. Dopo che ha avuto la bambina Halle mi ha detto che l’esperienza sul set è stata molto istruttiva. Alla fine ha potuto imparare tante cose che le sono utili come madre.

Ci sono film americani che l’hanno ispirata in questo suo primo viaggio hollywoodiano?
Probabilmente i miei registi preferiti sono tutti americani. Mi piacciono anche gli europei, specialmente i francesi. E anche gli italiani. Ci sono tanti pregiudizi sbagliati nei confronti del cinema americano. Questo atteggiamento europeo di snobbare i film di Hollywood senza nemmeno guardarli mi infastidisce. Ho accettato di fare questo film proprio per essere messa in discussione, una cosa rara in Europa dopo che fai alcuni film di successo…

Come è andata dunque questa prima esperienza made in Hollywood?
Quando il mio agente mi ha sottoposto la sceneggiatura del film, avevo già letto circa altre 200 copioni. Di questi solo una decina mi avevano convinto ma erano già stati tutti opzionati a registi del calibro di Ridley Scott! Poi quando ho letto lo script di Allan Loeb ho capito che era una storia adatta alle mie corde. Amo le vicende basate sulle ripercussioni di eventi inaspettati, come una vita che finisce all'improvviso, ad esempio. E per quanto riguarda i miei rapporti con DreamWorks Pictures e Paramount Pictures che hanno prodotto il film sono stati ottimi. Non ho avuto alcuna pressione da parte loro e solo del sostegno, grazie anche all'intervento e all'aiuto preziosissimo di Sam Mendes che ha sempre creduto moltissimo in questo progetto.

Ci parli della scelta degli attori e di come sia difficile gestire sul set due star come loro…
Li ho scelti perché sono due grandissimi attori. Lavorare con loro non ha comportato niente di diverso che lavorare con gli attori danesi con i quali ho fatto film fino ad ora. Quello che cambia è l'entourage. E' chiaro, sono due star, e invece di avere al seguito una persona ne hanno tante. Quindi sul set c'era sempre molta gente e questo rende le cose diverse: è divertente, ma è anche complicato! Io faccio film proprio per cercare, insieme agli interpreti, di far emergere momenti veri. E' attraverso questa ricerca della verità che si esprime il mio essere una regista. Benicio poi è geniale, sa mescolare dramma e umorismo, arrivava sul set sempre preparatissimo e pieno di suggerimenti. Halle possiede la straordinaria capacità di interpretare tanti personaggi diversi con grande passione, intensità, rabbia. Sul set si è sviluppata tra loro una sorta di alchimia sexy, aggressiva e quieta al tempo stesso.
 
Il film è un viaggio nella dipendenza. Quella dalle droghe e quella dall’amore, entrambi capaci di suscitare grande dolore… cosa ci può dire al riguardo?
Che è vero anche se penso che la dipendenza dalla droga e quella dall'amore sono molto diverse. In comune però hanno la perdita del controllo sulla nostra esistenza, che sembra invece essere un elemento molto importante del nostro presente. Ma nella vita non va così, non tutto è sempre controllabile, specialmente le emozioni. Per quanto riguarda la dipendenza dalla droga volevo poi esplorare non tanto l'inferno e i paradisi che ne conseguono ma piuttosto il dolore necessario per venirne fuori. Un dolore che vive anche la protagonista femminile nella sua personale elaborazione del lutto. E' un film intriso di lacrime e sofferenza ma che racconta di una caduta, dell'espiazione e della rinascita dei due protagonisti. Molte volte mi hanno fatto notare che nei miei film ci sono dei fili rossi che legano un po' le storie. Devo dire che quello nel quale mi riconosco maggiormente è quello della speranza. La speranza accomuna tutti i miei film, senza di essa non riuscirei nemmeno a lavorare.

Ci parli del perché tende sempre ad avvicinare tantissimo la macchina da presa sul volto dei suoi protagonisti…
Si tratta di una mia scelta di stile di regia: mi piace fare primi piani strettissimi su particolari del volto del protagonista. Ed è vero che insisto molto sugli occhi, sullo sguardo. In particolare lo faccio con il personaggio di Halle Berry che ha più difficoltà ad esprimere tutto il dolore che sente per la perdita del marito e padre dei suoi due figli. E' una che deve sopravvivere, andare avanti, non può fermarsi, e difficilmente si lascia andare alle emozioni. Quindi questo focalizzarmi sul viso mi permette di raccontare allo spettatore il vero stato mentale e fisico della protagonista. In quel momento riusciamo a capire molte cose di lei, molte di più di quelle che tante parole potrebbero esprimere.

 

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